di Maria Dore
La blogger Daphne Galizia è morta qualche giorno fa, fatta saltare in aria per le sue investigazioni sui Panama Papers. In questo stesso mese di undici anni moriva Anna Politkovskaja.
Questo tipo di storie riaccendono puntualmente il dibattito sul ruolo di chi usa la parola, sia essa utilizzata per scrivere su un giornale, su un blog, su un social. In terra italiana, una delle conclusioni è: ad avercene di pensatori coraggiosi così, noi non ne abbiamo.
Non credo assolutamente che il buon operato di un giornalista, blogger o scrittore debba per forza passare attraverso esperienze quali una vita sotto scorta o, peggio ancora, la perdita della stessa.
Ma è vera anche l’altra osservazione. Che fanno i pensatori di casa nostra? Quelli più in vista, intendo. Il luccicante scandalo hollywoodiano ci ha fornito un esempio interessante. Soprattutto per un’analisi più circoscritta, quella sulle pensatrici. L’altra metà intellettuale del cielo, prevedibilmente, non ha esitato a far mostra delle proprie opinioni. Ed è finita nel solito modo. Un calderone indistinto in cui l’attrice che si inginocchia sull’altare della carriera viene messa a fianco alla comune ragazza stuprata a Roma di notte, un guazzabuglio in cui non si distingue la molestia vera dalla pacca sul sedere. La solite triste crociata a suon di hashtag contro il maschio brutto, sporco e cattivo versus donne curiosamente dipinte sempre come incapaci di saper scegliere. L’ossessione del maschilismo, la ricerca disperata di un nuovo femminismo, non solo trascende spesso nel ridicolo, ma causa anche un danno mica da poco. Le pensatrici nostrane non riescono ad uscire dal ristretto recinto della battaglia settaria maschi contro donne. E quindi, via: dalle campagne contro la violenza- pure comprensibili- alle battaglie di liberazione dall’assorbente, ai dibattiti televisivi notturni sui maschi che ci insultano sui social.
Troppo? Sentite qui:
“La realtà è più complicata di questa pseudo rappresentazione in cui da un lato c’è chi inveisce contro i maschi porci e mascalzoni e dall’altro si rivendica un’identità di genere che parte dall’assunto di una sopraffazione costante e continua subìta dalla donna»
Commento di una social haters? No, Franca Valeri, anni 97 di cui almeno cinquanta passati tra uomini di cinema.
Le pensatrici del duemila si fermano prima, rimangono nel loro orticello di genere. E i temi universali? Che se ne occupino gli altri. I maschi, magari. E infatti, per sentire degli interventi sul pianeta in coma, il clima impazzito, devo aspettare che parli un uomo straniero, pure di chiesa per giunta, il Papa. O un professore emigrato in America.
Poi c’è l’altro danno. Quello degli uomini che, chissà se per timore o entusiasmo da campagna facile, aderiscono alla visione settaria. Guardate con quale enfasi il deputato sardo Piras commenta la vicenda sui provini di Hollywood. È vero, del resto, che la “sinistra” nostra di piccoli orticelli se ne intende. Da quelli metaforici a quelli reali: da ultimo la trovata sugli sgravi sul verde privato. Ma come, non è bellissimo l’orticello privato sul terrazzo? La trovata suona un po’ come l’ennesima resa di fronte alla scelta dell’intervento pubblico; prendetevi il contentino dell’orto in casa e non rompeteci le scatole sul verde pubblico in città. Che le città del Nord stiano soffocando, che non si veda pioggia al Sud, alle pensatrici di casa nostra, non frega niente. Perché c’è da organizzare la campagna sul free bleeding e poi bisogna mettere la foto in spiaggia per i 28 gradi a Catania a fine Ottobre. Anche perché poi, queste foto, ai pensatori maschi, piacciono proprio tanto…
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