Dalla aule dei tribunali dovrebbero toglierla quella scritta “La Legge è uguale per tutti” perché non è vero che lo è, anzi, in alcuni casi diventa quasi beffarda. La legge è uguale per tutti? No. Per alcuni, forse. Ma per altri è irrispettosa, insolente fino a trasformarsi in presa per il culo. E succede allora che un reato, anziché venir condannato, viene inflitto due volte alla vittima.
Capita quando la giustizia stagna nei cassetti, si riempie di polvere e ragnatele fino a trasformarsi in giustizia negata. Accade quando in alcuni verdetti la legge etica viene annientata dai cavilli giuridici.
Lo diceva Cicerone nel De Officiis summum ius, summa iniuria. Significa che spesso un’applicazione tignosa e pedissequa della legge finisce per ritorcesi contro se stessa, provocando offese forse peggiori di quella che si intendeva sanzionare.
È ciò che è accaduto, a Torino, dove il giudice della Corte d’Appello Paola Dezani si è trovata a dover prosciogliere il violentatore di una bambina perché era trascorso troppo tempo dall’inizio del caso. I fatti risalgono al 1997 quando una bimba di 7 anni viene portata all’ospedale perché trovata per strada in condizioni preoccupanti. Lì si scopre che la piccola era stata vittima di ripetuti abusi, e la diagnosi di numerose patologie a trasmissione sessuale lo conferma, da parte del compagno della mamma che, ignara, l’affidava a lui quando si recava al lavoro.
La Procura di Alessandria parte con un procedimento che vede pendere a carico dell’imputato l’accusa di maltrattamenti e violenza sessuale, cui segue una condanna ma solo per maltrattamenti. E il giudice, ritenendo di dover procedere anche per violenza sessuale, dispone il rinvio degli atti in procura. E intanto il tempo passa… L’inchiesta torna in primo grado e una sentenza emette la condanna a 12 anni. Il procedimento si sposta quindi a Torino per il secondo grado e lì s’incaglia per nove lunghi anni perché la sezione della Corte d’Appello presentava un arretrato tale che ha fatto slittare il processo fino a ieri, quando ormai era intervenuta la prescrizione. L’imputato non è stato prosciolto perché innocente o per mancanza di prove, ma perché il tempo era scaduto.
Per fortuna l’epilogo dei processi non è sempre così, ma per stavolta ingiustizia è stata fatta.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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