Scorrendo le notizie del giorno, leggo del pensionato di Limbiate che si dà fuoco e il perché, ci raccontano, per delle liti coi vicini di casa. Pare infatti che la manutenzione della strada di accesso alle residenze, essendo privata, spettasse ai condòmini ma non ci sia stato un punto di incontro su come procedere coi lavori. Chiaramente non sono in grado di farmi un’opinione sull’accaduto, ma questo e altri episodi visti coi miei occhi e letti in questi giorni (vedi anche l’assoluzione per stalking condominiale a Savona), mi portano a riflettere su questi esseri mitologici che sono “I vicini di Casa”
Quante volte vi siete trovati in quelle riunioni di condominio di fantozziana memoria, dove LORO pur di risparmiare, hanno lo SparaNò incorporato per ogni lavoro o sostituzione che renderebbe più decoroso il vostro palazzo o che magari vi farebbe risparmiare dei soldi nel tempo. Semplicemente loro fanno blocco unito nell’opposizione e ovviamente sono i primi a lamentarsi di ogni disguido. Tutto nasce dalla innata, immancabile, radicata, totale assenza del senso civico, del senso di appartenenza alla comunità, del rispetto dell’altro, della convivenza.
Loro, The Others, non vedono il bene comune come una “proprietà” condivisa ma come un’entità estranea. Prima vengo io e i mie porci comodi, poi si vedrà.
Proprio ieri ho assistito a una lite dove una signora anziana dal suo balcone del quarto piano, si lamentava in maniera comunque civile, con un ragazzo al piano terra perché “sprecava” l’acqua per lavare uno spiazzo esterno che non so se condominiale o privato. La signora canuta argomentava dicendo che essendoci restrizione idrica in città, il fatto di usare l’acqua che per lui era privata, pareva una scelta scriteriata, anche perché questa operazione di pulitura si ripete, pare, quotidianamente. Mentre la signora faceva ragionare “Sì proviene dalla sua proprietà ma a quest’ora è l’acqua del serbatoio condominiale”, osservavo e trovavo ragionevole la tesi della donna, anche perché la controparte si limitava a esprimere mugugni, senza travalicare certo, ma pur sempre mugugni che non potevano essere validi in sede dibattimentale, perciò la giuria composta da me, ha deciso di dare ragione alla signora. La seduta è tolta!
E che dire dei comportamenti che dovrebbero seguire le linee guida della civile convivenza? Ricordo che da piccoli, a me e ai miei fratelli, veniva impedito qualsiasi gioco rumoroso perché rischiavamo di disturbare Signora Angelina che abitava sopra di noi. Così anche quando ci siamo trasferiti nella casetta monofamiliare, aleggiava la presenza di Signora Angelina e dovevamo fare uno sforzo per toglierci dal subconscio la convinzione di avere quell’anziana vicina che potesse lamentarsi di noi.
Quando poi sono tornata a vivere in un condominio, avevo la tenera età di 18 anni, categoria: studente fuorisede. La più amata dagli affitta case o meglio affitta tuguri, perché spesso spacciano per case delle robe che manco li sorci ci vogliono stare, ma la più odiata dai vicini per via della nomea che i suddetti si sono guadagnati negli anni. Per via delle feste, delle cene fino a notte tarda, dei vomiti nei pianerottoli e così via.
Da dieci anni invece, vivo in un condominio di cinque piani, anche se l’ascensore ne segna 9, ma che ne sa lui che si limita a fare il trasporto bestiame. Lo svalvolato di turno esiste anche qui, abbiamo potuto assistere a liti dovute ogni volta alla mancanza dell’elemento fondamentale: la ragionevolezza dettata dal senso civico. Quella che se non c’è, puoi scrivere mille regolamenti, mille avvisi precari attaccati con lo scotch ormai ingiallito, ma non ci sarà mai verso di convivere pacificamente. Nelle riunioni di condominio anche solo per mettere una piantina di abbellimento, pure finta, l’opposizione coesa darà il suo diniego: non si possono spendere soldi! Così come non si possono spendere soldi per sostituire un cancello malandato che per aggiustarlo ogni volta, si è speso in totale quanto cinque cancelli nuovi. Da una parte gli intollerOnti (intolleranti tonti) che per un nonnulla, sfracassano i cabasisi a chiunque, anche se in genere hanno una vittima preferita. Dall’altra ci sono gli anarcotici (w l’anarchia! Loro subiscono gli effetti dei narcotici anche senza assumerli), quelli che berciano fino a notte inoltrata, che fumano in ascensore e spazi comuni, che hanno amplessi chiassosi anche quando son soli e così via. Del resto è statistica: per ogni persona tranquilla, ci saranno tre vicini rompicoLLioni. Considerato che nel pianerottolo dove vivo, si affacciano quattro appartamenti, è palese come siano distribuiti i ruoli.
Io ve lo dico: dobbiamo riuscire a convivere con queste entità bislacche che ti scatenano l’intolleranza solo a vederli e capisco che in certi momenti anche il solo saluto è una violenza a noi stessi. Ed è pure inutile uscire in orari strategici per non incontrarli, anche se passi il tempo a osservare dallo spioncino per aspettare il via libera (messaggio promozionale: esistono spioncini digitali a infrarossi per vedere l’umanità anche al buio), loro ti tendono l’agguato imboscandosi. Inutile temporeggiare sulla cassetta delle lettere per non fare il viaggio in ascensore con chi sta rincasando. The Others vi aspetteranno. Loro faranno sempre e comunque ciò che non volete e voi ricambierete anche inconsapevolmente, perché forse un po’ tutti siamo The Others. Lo dice anche Tozzi “Gli altri siamo noi”
Allora anche andare a vivere in un eremo lontano da ogni essere vivente potrebbe farci litigare con noi stessi oppure è più probabile la teoria “che mi sono formulata” in tanti anni di convivenza:
Anche nel più sperduto e lontano rifugio, sentirete sempre e comunque il rumore della vicina col taccododici H24.
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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