“Per me è importante, come leader donna e come capo del governo del Regno Unito, mantenere rapporti che sono importanti per noi come paese, per la nostra sicurezza, e il nostro commercio per il futuro. Ma spero anche che la gente mi veda come una donna leader, che veda ciò che le donne possono raggiungere e come una donna possa ricoprire incarichi importanti”.
La premier britannica, Theresa May, si è presentata in Arabia Saudita, dove era attesa dal principe ereditario Mohammed bin Salman per parlare d’affari, senza coprirsi il capo. Scesa dall’aereo con i capelli al vento, la signora May ha seguito l’esempio di Hillary Clinton e Michelle Obama, infrangendo il protocollo che impone alle donne che mettono piede nel paese di indossare una veste lunga e coprire i capelli, per non parlare di una serie di divieti, tra cui quello di guidare l’automobile.
Non tutte le straniere, va detto, decidono di rispettare le prescrizioni saudite. Di certo, il modo in cui Theresa May, visto il suo ruolo, ha deciso di affrontare la questione è significativo. Si potrebbe obiettare che, quando si è ospiti in un paese dalle regole diverse dalle proprie occorre adeguarsi. Ma il punto è un altro. Se queste regole impongono una discriminazione marcatamente sessista, può una donna che si trova a rappresentare una democrazia dai solidi pilastri come quella britannica adeguarsi e far finta di nulla? Theresa May ha scelto di marcare le distanze, rapportandosi da pari a pari con il principe saudita ma, al contempo, evidenziando ciò che non può essere accettabile in una società che ambisca a essere definita civile.
Si può essere pragmatici senza rinunciare ai propri princìpi. Una lezione di stile anglosassone che dovremmo osservare con attenzione, noi che stiamo in un paese che mai ha visto una donna ricoprire l’incarico di presidente del Consiglio e della Repubblica.
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