Riccardo Piccinnu ha 21 anni e sicuramente come uomo si farà perchè le premesse ci sono tutte. Ieri, in un campo di calcio, a Telti, ha sbagliato un calcio di rigore. Lo ha fatto volontariamente perchè ha ritenuto che l’arbitro abbia sbagliato nel concedere quel rigore alla squadra. Vi era stato un infortunio poco prima sul campo e il suo avversario, preoccupato per il compagno di squadra, aveva fermato il pallone con le mani. Rigore netto. Ma Riccardo, senza neppure ragionarci troppo, ha deciso che la sua squadra non aveva bisogno della massima punizione, eppure in quel momento le squadre erano ancora sullo zero a zero. Bel gesto. Bellissimo. In tempi cafoni e duri come questo. Non è il non calciare un rigore la cosa importante, sarebbe troppo semplice e semplicistico. E’ la lezione che Riccardo Piccinnu ha voluto regalare ad una platea di finti sportivi, di gente che in questo paese si scanna per qualsiasi cosa. Piccinnu, con i suoi 21 anni ha dimostrato che ci sono giovani disposti a dialogare, comprendere, osservare, ha dimostrato di essere adulto e saggio, terribilmente saggio e giusto. Con un semplice gesto ci ha riportato in un bel futuro, quello che attualmente non c’è. Perchè il problema non è il rigore, sia chiaro. Il problema è legato alla scelta, al comprendere che, a volte, occorre fare un passo indietro, ascoltare gli altri, concedere un’altra opportunità, vedere le cose con gli occhi sportivi e vedere gli altri non come nemici da abbattere, ma semplici ragazzi che provano a giocare una partita di pallone. Il gesto di Riccardo Piccinnu è importante, tanto che si merita, almeno per un giorno, di essere un personaggio: il calciatore che è diventato il più bravo per aver sbagliato un calcio di rigore. Riccardo non ha avuto paura di farlo e ha, per l’unica volta, dato torto alla bellissima canzone di Francesco De Gregori: non segnando appositamente quel rigore ha dimostrato che è proprio da quel particolare che si giudica un calciatore: coraggio, lealtà e voglia di stare al mondo dalla parte giusta.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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