NOrberto percorse i pochi metri che dividevano il parcheggio dal seggio masticando fiele. C’erano volute due ore di ricerche frenetiche per trovare la scheda elettorale per poi scoprire che l’aveva utilizzata come segnalibro per un polveroso libro di Bruno Vespa accantonato dopo una decina di pagine. Su Facebook, aveva appena letto quella storia delle schede elettorali già votate trovate in Toscana, nel paese natìo del bugiardone.
“Ci vogliono fottere”. Parlava da solo, a denti stretti, stringendosi nel cappotto. Si fermò davanti alla vetrata della scuola dove si trovava la sua sezione. Controllò la tasca destra, sfiorando la gomma da cancellare bianca e blu sottratta dall’astuccio del figlio. C’era qualcos’altro, in tasca. Un biglietto. Curioso, lo estrasse e si ricordò della serata a teatro con la moglie per il monologo di Benigni. “Quel pezzo di merda rotto in culo” mormorò accartocciando il rettangolo che avrebbe volentieri incenerito se solo avesse avuto un accendino.
Mentre attraversava l’ingresso incrociò SIsinnio, il vicino di casa. Da qualche mese non lo sopportava proprio. Su Facebook si erano beccati più volte fino a mandarsi affanculo platealmente. L’aveva bannato con rabbia. SIsinnio stava con i cospiratori del “sì”. Lo salutò alzando il dito medio ma quello non lo degnò di uno sguardo. Vide che si avvicinava a passo deciso verso la postazione dei vigili urbani. Rosso in viso, urlava la sua indignazione per la presenza di un cartello con la scritta “no smoking”. Il “no” era troppo evidente, un chiaro esempio di propaganda all’interno del seggio. Norberto lo guardò con disprezzo e si avvicinò alla sezione. Numero 51. “Sembra un SI, maledetti bastardi” mormorò.
All’interno, c’era casino. Un tizio con l’orecchino, i capelli lunghi e una canottiera stava di fronte al presidente e agli scrutatori brandendo una matita. L’aveva già visto da qualche parte. Improvvisamente si ricordò di quella volta che era stato costretto ad accompagnare il piccolo Ginuccio al palazzetto per il concerto di quel Pelù, lui che considerava Celentano troppo rock per i suoi gusti. Capì che aveva avuto la sua stessa idea. Il fricchettone aveva scritto la parola “merda” su un foglio di carta con la matita copiativa e l’aveva cancellata con la gomma. La prova del broglio era lì, in bella evidenza. Il bastardo, però, gli aveva rubato l’idea e, probabilmente, un mucchio di like.
NOrberto tornò a casa, ripose la gomma nell’astuccio e la scheda tra le pagine del libro. Dalla camera di Ginuccio partirono le note di “Grande nazione” dei Litfiba. Storse il naso. Alla maratona di Mentana mancavano ancora troppe ore.
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