Talvolta noi redattori facciamo interminabili giri per scovare i personaggi del giorno. Altre volte, invece, succede che siano loro a trovare noi. Come nel caso di oggi.
Inizialmente la mia intenzione era quella di scrivere del video articolo di Francesco Merlo che, per ragioni visibilmente oscure, ha reputato Angelina Jolie inadeguata nel ruolo di visiting professor alla London School of Economics definendola imbarazzante. E, che per ragioni ancora più oscure, ha infelicemente pensato di rendere pubblico il suo pensiero attraverso la versione online di Repubblica, quando invece quell’opinione avrebbe trovato sistemazione più degna bell’e accartocciata nel cestino dei rifiuti. Il Merlo sessista ritiene che un’ambasciatrice dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati non sarebbe abbastanza titolata per tenere una lectio magistralis, poiché l’unica competenza di cui sarebbe in possesso sia la bellezza. Avrei potuto dedicare un lungo post alla vicenda, analizzare a fondo quel sessismo minaccioso, inadatto ad essere veicolato proprio da chi si occupa di comunicazione, ma poi ho pensato di rinunciare allo spunto che, per quanto ignobile, non meritava ulteriore visibilità.
Ho ripreso la mia camminata virtuale e, lasciandomi trasportare dalla rotta di alcuni likes e commenti, sono finita nella bacheca di una tizia, che non rientra nel novero dei miei contatti, e le cui affermazioni mi hanno negativamente colpita. In particolare si diceva allibita da alcune donne che “rubano il marito ad altre”. E lì ho capito che il mio personaggio del giorno sarebbe stato il sessismo, talvolta fieramente sbandierato da uomini che coi loro pezzi riescono a svalutare inesorabilmente le redazioni presso le quali scrivono; altre volte di quel sessismo ne fa sfoggio, assai arditamente, proprio chi dovrebbe combatterlo perché parte in causa.
L’epiteto “rubamariti” oltre a non avere un corrispettivo per la versione maschile, significa che se una donna lascia il proprio uomo per un altro è una poco di buono; se invece è lui a lasciare la moglie per un’altra significa che la poco di buono è quell’altra. Morale: lui è sempre scagionato, sia che si tratti dell’amante di una moglie sia che si tratti del fedifrago.
Definire un’altra donna “rubamariti” significa vomitare pensieri palesemente connotati dalla mentalità maschile con l’obiettivo di colpevolizzare a priori la donna, quando l’unico responsabile di una fiducia tradita, semmai, sarebbe il marito. Poi, che l’uomo partorito da questo genere di ragionamento appaia come un coglione privo di qualsiasi capacità di discernimento è solo un dettaglio. Quello che fastidiosamente trasuda è lo strisciante sessismo che pervade un’affermazione apparentemente innocua, ma che in realtà nasconde un giudizio implicito e una condanna esplicita.
Queste donne dal maschilismo interiorizzato le ha descritte magistralmente Fabrizio De Andrè nella canzone Bocca di rosa, l’ha raccontata in poesia la pratica talvolta femminile di schierarsi contro le altre, di appoggiare sempre e solo gli uomini anche quando le tradiscono. Donne che, consapevolmente o inconsapevolmente, vivono immerse nel pregiudizio e che nemmeno si accorgono del sessismo che covano e di quanto sia implicito nei loro ragionamenti.
E io ancora non so dove alzare il muro di confine tra il fastidio e la tristezza, perché l’unica cosa che invidio a queste maschiliste è il coraggio di sostenere simili scemenze. E soprattutto di esibirle orgogliosamente come trofei sulla loro bacheca pubblica.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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