La vita di di Gavino Cherchi cambia improvvisamente una mattina di novembre del 2013, trasformandosi nel peggiore degli incubi.
Gavino, classe 1968 (è davvero importante specificarlo, credetemi) vive e lavora come operaio in quel di Dervio, paese di 2500 anime affacciato sul lago di Como. Quella mattina del 2013 una decina di agenti di polizia, dopo averlo cercato inutilmente a casa, lo raggiungono sul posto di lavoro e se lo portano via. Gavino è sorpreso, non reagisce, non capisce. I colleghi lo guardano andar via perplessi.
Capirà, Gavino, una volta arrivato in Questura. “Sei stato tu, confessa!” e giù botte. Confessare cosa? E’ la botta più devastante: pedopornografia e violenza su minore. Non è possibile, non può essere. Gavino sa bene che si tratta di un errore ma è scosso. Lui che ha avuto una figlia a 17 anni ed è già nonno, lui che non ha mai visto un porno.
Impronte digitali e a casa. E’ un Gavino disorientato, debole, un altro Gavino quello che rimette piede in quella casa. Sente gli sguardi diffidenti dei vicini, del paese intero. Deve cercarsi un avvocato. Sarà lui a capire subito quale maledetta chiave abbia spalancato le porte dell’inferno.
Il Gavino Cherchi che la polizia cercava non era lui. Il Gavino Cherchi destinato alla galera per il più infamante dei reati viveva a Lecco, era residente in un paese del Sassarese ed era di tre anni più giovane. Forse qualcuno ha dimenticato di controllare. Un errore può capitare.
Gavino resta indagato per quattro mesi. Gli chiedono scusa e archiviano. Ma i problemi non sono finiti. L’avvocato che gli ha restituito la libertà (per l’onore dovrà aspettare che il tempo faccia la sua parte) chiede ottomila euro di parcella. Gavino non ce li ha. Si vede bloccare il tfr e pignorare un quinto dello stipendio. Con una moglie gravemente ammalata, il padre morto prima ancora che la verità fosse conclamata, la vita diventa ancora più in salita.
“Si immedesimi un solo minuto in me”, dice Gavino al giornalista di Libero, Alessandro Milan, che lo ha intervistato nei giorni scorsi. Gavino Cherchi, classe 1968, ha conosciuto la depressione e gli psicofarmaci, dice di essere ingrassato di 25 chili in tre anni e ora chiede che gli venga restituita la vita di prima. Forse non sarà possibile ma si potrebbe cominciare dal saldo della parcella. Perché gli errori possono capitare, a patto che si ponga rimedio. E perché credo che non si possa giocare con le vite degli altri. Men che meno se ti chiami Stato.
Fonti: “Il Giorno” edizione di Lecco; “Libero”.
La foto è tratta dal profilo Facebook di Gavino Cherchi.
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