Oggi ho un diavolo per capello. Leggere sull’Unione Sarda che, in una scuola di Cagliari, alcune famiglie rifiutano la presenza di due bambini profughi ha reso il mio sangue amaro al limite del sopportabile.
E, francamente, ne ho piene la palle di analisi sociologiche fini a se stesse. Perché qui siamo di fronte al trionfo della malvagità. Immagina la scena, fratello. Capannelli di famigliole distinte, in attesa del suono della campanella, guardano con disprezzo quei due bambini colorati. Non hanno i genitori a tenerli per mano. Da dove spuntano, questi? Uno dall’Egitto, l’altro dall’Etiopia. Arrivati fin qui chissà come. E senza famiglia. Soli.
Non siamo in una scuola qualunque. Siamo nella scuola delle suore mercedarie. L’Ordine di appartenenza di queste religiose è noto per il suo quarto voto che si aggiungeva ai canonici povertà, obbedienza e castità. Si offrivano al posto dei cristiani ai quali gli aguzzini musulmani dell’epoca imponevano di rinnegare la propria fede, pena la morte. Ma, da allora, sono trascorsi ottocento anni e, anche se la barbarie si riaffaccia sotto le spoglie di un nugolo di pericolosi invasati, oggi i mercedari si occupano di educazione e di apostolato missionario, concentrandosi sulle nuove “forme di schiavitù di carattere politico, sociale e psicologico” che, a quanto pare, si ritrovano in casa.
Nella scuola delle suore mercedarie di Cagliari, intanto, alcune famigliole perbene hanno ritirato i propri bambini. Soddisfatti, li hanno presi per mano e portati altrove, dove non ci sono pericoli di contaminazione. Chissà cosa avranno risposto alle domande dei loro sfortunati pargoli. Altre famigliole perbene, meno estremiste, hanno invece ottenuto la separazione dei bisogni fisiologici. I piccoli profughi avranno un bagnetto dedicato, tutto per loro, per evitare commistioni. Mi chiedo se le suore abbiano avuto il coraggio di dire loro la verità, di spiegare il motivo di questa separazione che sa tanto di segregazione. Magari per prepararli alla vita qui da noi, per spiegare loro che il mondo migliore in cui sono stati mandati è il peggiore dei mondi possibili.
Un mondo che non sa riconoscere un bambino non può essere il mio. Vorrei prenderli entrambi per mano e dire loro quello che penso. Da padre. Da uomo. Spazzerei via i diavoli dai capelli. E da quella scuola.
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