Paolo Gentiloni, 62 anni, è un nobiluomo nel vero senso della parola, discendente dei conti Gentiloni Silveri. Cattolico, ex militante della sinistra extraparlamentare, petalo della Margherita di Rutelli, per due volte ministro della Repubblica (telecomunicazioni con Prodi, esteri con Renzi) non ha mai brillato per protagonismo. Nel senso che il profilo basso sembra essere la sua caratteristica peculiare, salvo smentite prossime future.
Il presidente della Repubblica deve aver pensato a lui proprio per questa sua personalità un po’ soffusa. Forse ha creduto fosse la scelta migliore per arrivare all’appuntamento delle urne con un briciolo di serenità, segnando un punto di rottura totale, almeno per quanto concerne l’immagine istituzionale, rispetto al premier dimissionario. Non sarà facile, comunque, realizzare l’idea di un governo con pieni poteri (questo chiede Mattarella) con gli attacchi inevitabili di quella parte del Paese che si ritroverà, di fatto, un governo fotocopia del precedente.
Gentiloni ha accettato con riserva. Sa bene che dovrà, sostanzialmente, guidare un esecutivo sul quale grava l’ombra della catastrofica sconfitta referendaria, pagata in prima persona esclusivamente da Matteo Renzi. Lo stesso Gentiloni, da responsabile della Farnesina, non si può dire abbia brillato nella gestione di vicende delicate come la disputa con l’India per i due marò, quella con l’Egitto per l’omicidio di Giulio Regeni e la clamorosa figuraccia dell’astensione italiana sulla risoluzione Unesco per i luoghi sacri di Gerusalemme che stava per causare una crisi diplomatica tra Italia e Israele. Quanto all’esperienza come ministro delle Telecomunicazioni, Gentiloni porta in dote due clamorosi fallimenti: la riforma della Rai e quella del settore radiotelevisivo. Insomma, il curriculum non è granché.
Tutto sommato cambia poco, se non la facciata. Una mano di vernice per rivestire di antico grigiore il Palazzo e provare a sottrarlo all’orda incazzata che ha sentito l’odore del sangue nelle urne e non vede l’ora di finire il nemico ferito. Il conte Gentiloni sa che, stavolta, non ci sarà ombra in cui rifugiarsi.
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