Tutti, in questi giorni, dopo l’attentato che ha ferito la città di Barcellona, si interrogano sulla paura, sul convivere con il terrorismo, sulla possibilità che gli attentati ci possano cambiare la vita. Lo hanno fatto, seppure silenziosamente, quasi inconsapevolmente siamo finiti dentro gli anfratti della diffidenza e dell’essere attenti a tutto e a tutti. Significa, in poche e scarne parole, che la paura vince su tutto. Un po’ come a Gerusalemme quando, ai tempi dell’intifada, la paura che saltassero gli autobus costringeva i genitori a dividere i figli in pullman diversi: una sorta di riduzione del danno cinica e terribile. I giornali, i media, internet non parlano d’altro. La paura cammina sul filo del web, sulle parole dei conduttori degli scarni rotocalchi estivi, però nessuno ha il coraggio di ammettere che tutto questo riguarda anche noi. Perché Berlino, Parigi, Marsiglia, Barcellona sono molto vicine e sono all’interno dei nostri confini culturali. Anche se non abbiamo una fortissima cultura europea quei luoghi rappresentano la nostra comunità. Ci appartengono. La paura del mondo occidentale è quella dell’attacco terroristico, la paura con cui convivono gli africani è dettata dalla fame e la paura di un popolo antico come quello venezuelano è rappresentata, in questo momento, dalla guerra civile. Nella nostra percezione di “paura” rimaniamo chiusi dentro il nostro recinto anche se da altre parti del mondo succedono cose orribili (penso, per esempio, alla dittatura birmana). E’ lecito aver paura ed è molto onorevole affermare di non averne, che non possiamo accettare una limitazione alla nostra libertà, anche se ci guardiamo continuamente le spalle. Nessuno, finora, ha provato a guardare dall’altra parte delle radici: quelli che ci fanno paura perché hanno deciso di odiarci in maniera così spropositata? La domanda però va posta in tutte le latitudini umane. L’africano, per esempio, si potrebbe chiedere: ma perché gli europei hanno paura della nostra fame? Insomma, avere paura è lecito ed è molto umano. Comprendere la geopolitica mondiale attraverso le scelte sociali e terribili che sono state effettuate è un po’ più complicato e necessiterebbe un’analisi molto più approfondita e radicale. Ma chi ha voglia, oggi, di leggere oltre le 1500 battute, caratteri inclusi? In questo crogiolo minimalista ognuno coltiva le sue ragioni. E le sue paure. Perché tutti abbiamo un orco che ci alza il tasso adrenalinico. Gli orchi, però, non sono gli stessi per tutti. Questo dovrebbe essere il primo punto di riflessione.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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