Chi ha ucciso Giorgiana Masi il 12 maggio del 1977? Penso sia una sorta di segreto di Stato che difficilmente verrà svelato. Il fascicolo si coprirà di polvere nell’armadio della vergogna, insieme ai retroscena del caso Moro e a tutti gli altri rigurgiti di quella rete fognaria che scorre nel sottosuolo d’Italia, percorsa, come fossero grandi ratti, da pezzi indegni di Stato italiano, da fascisti, da carrieristi vigliacchi e da chissà quali avanzi di massoneria. “Segreto di Stato”, che sia o meno ufficiale dice tutto a proposito dell’ombra che si allunga su quella sparatoria dove morì una ragazza innocente, spettatrice dei disordini creati artificiosamente intorno alla manifestazione radicale organizzata per celebrare il terzo anniversario della vittoria del fronte divorzista al referendum del 1974. Ci fu un coacervo di provocazioni, intorno a quel corteo che Cossiga voleva bloccare e che Pannella coraggiosamente volle fare. Si parlò di poliziotti in borghese infiltrati tra i movimenti violenti che si erano uniti al corteo tentando di prenderne il comando; si parlò anche di professionisti della provocazione fascista al servizio di servizi deviati. C’era di tutto, insomma. Ed è per questo che chissà se si saprà mai se qualcuno ha freddamente mirato e fatto fuoco per uccidere una ragazza durante una manifestazione radicale e alimentare così ancora più efficacemente la strategia della tensione. O se davvero si sia trattato di una pallottola vagante tra le tante. Ma se quel giorno a Roma il piombo volava nell’aria come fosse polline durante una manifestazione pacifista sin nella sua essenza, come erano quelle radicali, significa che i burattinai della tensione volevano colpire proprio quel corteo. Quel 12 maggio si celebrava il risveglio di un’Italia clericale e fascista da un sogno di potere. Il fronte laico tre anni prima aveva vinto quasi con il sessanta per cento e aveva rivelato un Paese che voleva liberarsi dal morso secolare di un’oppressione politica e culturale. Una situazione cavalcata non per motivi ideali ma come strumento di potere dalle parti più retrive della politica italiana. Il fronte del Sì, cioè della cancellazione del divorzio, era formato dalla Dc, dai neofascisti del Msi e dai monarchici. Sul fronte del No, animato dal piccolo partito radicale, che allora nelle battaglie ideali sapeva diventare grande, c’era naturalmente il Pci. Ma l’aspetto storicamente centrale è che c’erano anche tutti i partiti più vicini e collaterali al potere democristiano e quindi della Chiesa, ma che in questa grande battaglia ideale si schierarono con le idee. Primi fra tutti quelli dell’area socialista, il Psi e il Psdi, entrambi partiti (specialmente il Psdi) che nelle vicende degli ultimi anni si erano spesso allontanati dalle origini nobili del socialismo italiano, ma che in questa circostanza non esitarono a difenderne i principi di libertà e laicità. Poi il Partito repubblicano, ormai consolidato partito di governo e di potere, che con orgoglio schierò la sua anima laica, azionista e antifascista. E anche il Partito liberale, dell’area di destra, scelse di difendere il principio di Cavour della libera Chiesa nel libero Stato. Un blocco formidabile che esprimeva la voglia di emancipazione della società italiana, contro il quale, dopo la sua vittoria, si scagliò la reazione rabbiosa di un’Italia sotterranea e letale alla disperata riconquista di spazi perduti di potere politico e finanziario. Esiste ancora quel blocco ideale? C’è ancora questa voglia di emancipazione della società italiana dal dominio dell’integralismo religioso e di tutti coloro che lo cavalcano per i propri fini? Forse no. E lo penso proprio nel giorno della cosiddetta vittoria delle unioni civili. Dove vedo il trionfo dei compromessi in nome della tenuta del governo. Ancora una volta, insomma, un fatto di contingenza politica diventa il cardine di riforme che dovrebbero avere valenza molto più alta. “Vittoria mutilata”, avrebbe detto il poeta. E mi dispiace citare D’Annunzio che non è esattamente il mio preferito, ma certi suoi motti sono efficaci. Certo, ha ragione chi dice “meglio di niente”. Ma la storia delle grandi riforme non si è mai fatta con la paura e sotto il ricatto elettorale. Se così fosse in Italia ci sarebbero ancora i bordelli di Stato e ci sarebbero ancora le attenuanti per il delitto d’onore. Il problema è che non esiste più una classe dirigente capace di assumersi le proprie responsabilità anche contro i gruppi di potere civili e religiosi. Ed ecco quindi una legge che concede all’Italia le basi di quanto in ogni parte del mondo civile già esisteva; ma nella quale, a esempio, agli omosessuali viene negato di ritenersi sposati e di ritenersi genitori. Oltre al grottesco dibattito sull’obbligo di fedeltà, che di per sé fa capire il livello di discussione e di compromesso. Insomma, non sono più i tempi del divorzio simbolo dell’orgoglio laico, quello di cui avevano paura anche gli assassini di Giorgiana Masi.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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