Mia nonna mi riprendeva spesso quando, giocando con gli amici, litigando con mio fratello o, più semplicemente mentre guardavo la televisione, dicevo quella che lei chiamava “parolaccia”. Ad ogni mio cretino, stupido, sciocchino, subito mi redarguiva e aggiungeva. “Ricordati che chi dice parolacce non ha altri argomenti”. Dentro quella fase apparentemente semplice si nascondeva un modo atavico di guardare al mondo ma, probabilmente più semplice. Si nascondeva anche quel voler partecipare al tavolo della società con il vestito nuovo, pulito. Senza macchie. Mia nonna, d’altronde, era contadina, figlia di contadini e si trasportava quel modo di pensare e di agire tipico di un periodo storico, un vezzo che era di moda in quegli anni e che faceva mettere la tovaglia bianca nei giorni di festa, insegnava la compostezza nelle cerimonie e tenere la bocca chiusa in chiesa. Insomma, provava a mettere ordine nell’anarchia infantile e provava a spiegare che al mondo occorreva sapersi comportare. Bisognava rispondere al saluto con un sorriso, rifiutare – dopo la prima volta – le caramelle offerte dalle vecchie zie a meno che, incrociando lo sguardo della madre o della nonna si poteva fare – ma solo in quell’occasione – un’eccezione. Mia nonna, inoltre, mi diceva sempre che io avrei avuto una gran fortuna, quella di poter studiare, di imparare molte cose tra cui le buone maniere, l’arte di comportarsi, dello stare insieme ad altre persone. “Le persone per bene,” aggiungeva, si riconoscono dai gesti, gentili e umili. Non esagerare. Anche se un giorno dovessi diventare il presidente della Repubblica, non esagerare mai”. Ho sempre un bellissimo ricordo di mia nonna e dei suoi bellissimi consigli che oggi hanno l’affetto forte dei ricordi. Penso che molte persone non abbiano avuto la fortuna di avere una nonna come la mia. Penso, per esempio a Matteo Salvini e alle sue parole, alla sua arroganza, alla sua inutile stupidità. Mi dispiace sia cresciuto senza i consigli dei nonni e, a quanto pare, non è stato neppure tanto attento a scuola o forse non aveva la forza di apprendere. Insomma, un piccolo disastro. Un capolavoro di volgarità. Mia nonna lo avrebbe lasciato almeno per un anno senza papassini, quei dolci sardi secchi che io amo alla follia. Ma lui, il Matteo Salvini ormai “nazionale” se lo sarebbe meritato. Perché le parole e i gesti hanno un peso specifico che certi personaggi non sono in grado di comprendere.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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