Ci vuole un po’ di coraggio ad andare contro la sacralità dell’intervista di Fazio al Papa. Forse persino più che ad andare contro Sanremo. Il problema è che quelli che accusano il prossimo di farsi forte dell’impetuoso mainstream, sono quasi sempre i veri padroni del mainstream. Perché se in buona fede giudichi che Sanremo, in particolare l’ultimo, è un non alto livello di televisione per di più insidiosamente diseducativa, te ne devi stare zitto per non sentirti accusare dal mainstream di appartenere all’altro mainstream di quelli con la puzza sotto il naso.
Riguardo a Fazio, c’è il rischio di essere accusato di bestemmia se dici che quell’intervista non ti è piaciuta. Non è la fine del mondo, tra l’altro mi sembra che la bestemmia da un punto di vista laico sia stata depenalizzata in una delle recenti revisioni del Codice, però non è gradevole farti fama di bestemmiatore.
Il nocciolo sta proprio nell’aspetto mistico di quell’intervista: a mio avviso era una messa più che un’intervista. C’era un officiante, cioè il Papa, e c’era una platea di fedeli che rispondeva, cioè Fazio, anche se era uno solo. Voglio dire che in quell’intervista non c’erano domande, c’era un’affermazione di fede da parte di Francesco e c’era una canonica risposta da parte del “fedele collettivo” Fazio. Se il prete dice “Rendiamo grazie al Signore nostro Dio”, fa bene, è un’esortazione nobile , giusta e coerente per un credente. Quando il fedele risponde dal banco “E’ cosa buona e giusta”, nella Messa ha un significato di adesione alla fede, una sorta di giuramento rinnovato ogni domenica e festa comandata. Ma se tutto ciò avviene in un’intervista è semplicemente un “signorsì, quanto è santo lei!”.
Se ne parli male, se dici che era noiosa, che non ti diceva niente di nuovo, che non offriva riflessioni sulle quali non avessi già riflettuto in seguito a una delle precedenti e numerosissime esternazioni pubbliche di Papa Francesco (effettivamente un grande e coraggioso Papa), se dici una di queste cose, ti accusano di andare non contro un’intervista che secondo te non era altro che un contenitore di déjà vu, ma di andare contro gli alti contenuti delle parole del Papa.
Il problema è però che io volevo sentire un’intervista non andare a messa. Quando ti preannunciano che il Papa è sceso dal trono per entrare in uno studio televisivo, ti aspetti che ci sia sceso davvero e che si esponga alle insidie di una vera intervista, cioè le domande scomode, che però sono quelle più interessanti. E’ molto bello sentire che i potenti del mondo vengono accusati di privilegiare le guerre alla ricerca di una soluzione contro la miseria, ma un vero giornalista avrebbe chiesto nomi e cognomi, esempi, fatti e non si sarebbe accontentato di un’esternazione tipo miss Italia-voglio la pace nel mondo e l’abolizione del debito. E sono certo che questo Papa, infinitamente più coraggioso del suo corteo, avrebbe accettato di superare la prima necessaria enunciazione e approfondire il concetto rispondendo a ogni domanda educatamente, spiritosamente, magnificamente, come è lui: magnifico, educato e spiritoso. Forse, anzi, se lo aspettava.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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