Per me lo è anche sul piano logico, ma credo che almeno sul piano mediatico il ragionamento sia invincibile: “I vecchi contadini piantavano come lascito ai loro nipoti alberi di cui non avrebbero mangiato i frutti e lo facevano perché da bambini avevano mangiati frutti di alberi che erano stati piantati per loro dai loro nonni”. Lo scrive Maurizio Pallante in “Sostenibilità, equità, solidarietà. Un manifesto politico e culturale” (Ed. Lindau) e lo ha ripetuto ieri nella Biblioteca Comunale di Sassari presentando il suo nuovo saggio con Sandro Roggio e Sante Maurizi per la rassegna di Entula. Pallante è il fondatore in Italia dell’ormai incalzante teoria della “decrescita felice”, che, come è accaduto per Serge Latouche in Francia, ha innescato un profondo processo di ripensamento dei tradizionali strumenti di analisi e pratica politica, arrivando a ipotizzare un superamento delle categorie della destra e della sinistra. Auspica un nuovo soggetto politico basato su una rivoluzione culturale che coniughi con l’ecologia una nuova concezione dell’economia. Destra e sinistra, crescita economica e l’attuale dio Pil sono espressione di un antico passato fallimentare per l’umanità e per l’ambiente. E’ la fine dell’era della rivoluzione industriale, sancita anche dal disamore verso la politica: bisogna recuperare la partecipazione alla democrazia abolendo i tradizionali steccati. Si potrebbe osservare che questa tesi sovvertitrice sana di equilibri malati che fanno ammalare il mondo forse è maturata nell’ambito di una circolazione vorticosa di idee promossa pur nella sua crisi dalla vecchia categoria culturale e politica della sinistra europea e che forse rappresenta proprio una sua evoluzione moderna di cui vedranno i frutti soltanto i nipoti del contadino che ora sta piantando l’albero. Ieri Pallante, quando gli ho prospettato questa ipotesi, non mi è sembrato troppo d’accordo, ma ciò che più conta è ora la sua lotta contro una una crescita erroneamente intesa come centro del progresso e identificata con l’aumento dei beni. Non è vero, dice: il Pil è l’aumento delle merci e non dei beni, non tutte le merci sono beni e non tutti beni sono merci. Pil è anche l’energia in più occorrente per riscaldare case piene di spifferi e dispersioni, Pil è il cibo che si butta via. Se stiamo male e compriamo medicine aumenta il Pil. E sono aumenti felici? Se compro sette magliette anziché due è una mia scelta, la cosa potrebbe rendermi felice. Ma come potrei essere felice desiderando una casa coibentata male, comprando due chili di carne per buttarli via? “Il Pil è una stronzata”, ha sintetizzato Pallante. La crescita non sempre è felice e ora sta diventando generalmente infelice: non si può desiderare che cresca ciò che è negativo, come la febbre, mentre bisogna individuare una decrescita che tuteli l’ambiente e insieme migliori la qualità della vita. Il Pil aumenta in maniera felice e produttiva ristrutturando le case con gli spifferi. Insomma, un totale ripensamento della metodologia di analisi della storia, mettendo al centro non più soltanto l’umanità ma il mondo in tutte le sue forme viventi, con particolare riguardo al suo futuro. Di particolare interesse la declinazione sarda di questa teoria prospettata dall’urbanista Sandro Roggio. Pallante e Latouche, ha ricordato, sono eccentrici rispetto all’economicismo sviluppista che crea i falsi miti: a esempio quello di un incalzante e petulante “partito del no” quando in realtà a vincere è sempre il sì al consumo del suolo, all’abbassamento dei vincoli di occupazione degli spazi, alla demonizzazione di chi vuole difendere le leggi contro chi le vuole rimodellare per certe esigenze, come nel caso del Ppr. “Chi vuole seguire le regole gli dicono estremista, chi le vuole addomesticare si fa la fama di moderato”. Altro tema trattato da Roggio è stato quello dello spopolamento. La Sardegna deve crescere nelle aree centrali – ha detto -, dove ora è vuota, dove mancano i presidi che servono a difenderla. Bisogna ripopolare i centri esistenti ora desolati, trasformandoli in luoghi moderni, accoglienti e confortevoli, bloccare il disequilibrio delle coste affollate per due mesi all’anno e impedire un ulteriore consumo del suolo.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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