Questo referendum ha un po’ stufato.
Sarà che dopo i quaranta certi tic politici li riconosci subito e magari non ne hai più voglia, sarà che percepisci una sproporzione tra gli eventuali esiti della riforma e i toni usati, sarà che non vedi l’ora che qualcosa di nuovo succeda, sarà, ma trovo fastidioso il dibattito intorno al quesito referendario. Fastidioso, confuso, violento e ipocrita.
Io non ho ancora deciso cosa voterò, e voglio restare indeciso fino all’ultimo. E sono in eccellente compagnia. Questa indecisione di molti, questo prendersi il tempo che serve perché ancora non si è capito fino in fondo cosa cambierà, ma soprattutto perché non devi dare spiegazioni a nessuno, viene rinfacciato da molti. I molti che rinfacciano sono animati da certezze che non possono permettersi il lusso di mettere in discussione. È sempre stato molto di sinistra seguire, anche da lontano, l’odore della ditta; oggi però, come ieri, c’è chi si ferma in mezzo al guado e si chiede, ma seriamente, cosa diavolo è sinistra e cosa diavolo è destra, oggi. Se sia più sinistra difendere una Costituzione che si difende benissimo da sé, visto che chi la scrisse blindò i principi fondamentali e mise tutte le basi per un bicameralismo non perfetto, o se sia più di sinistra provare a mettere in discussione lo status quo, che poi sarebbe l’Italia come l’abbiamo ereditata da Craxi, Forlani, De Mita, D’Alema, Bertinotti, Occhetto, Bossi, Gava e Andreotti; non cercate un logica nella sequenza, i nomi che avete letto li ho rigurgitati a casaccio mentre rimuginavo su cosa è stata l’Italia che ho visto io quando ero ragazzo, e che non vorrei più vedere. In questo senso, anche approvare una riforma che almeno sulla carta dovrebbe snellire i processi decisionali, aumentare il peso dei referendum e facilitarne il successo, diminuire il ricorso ai decreti-legge, aumentare le garanzie nell’elezione del Presidente della Repubblica, è un modo come un altro per provare a fare qualcosa, anche se è un modo confuso e imperfetto. E non ci vedo niente di antidemocratico, o di massone, o di non abbastanza a sinistra.
Niente, certi padri custodi non ammettono confusione, non ammettono prudenze, non ammettono fughe in avanti, non ammettono che qualcuno si chieda se si può essere di sinistra e allo stesso tempo provare a modificare in qualcosa le regole del gioco, nel rispetto delle regole stesse. Ricordo che questa riforma ormai quasi ridicola, per il livore con cui se ne parla a fronte degli effetti non eclatanti che avrebbe (non stiamo passando all’anarchia o alla monarchia assoluta, ma stiamo passando a un sistema in cui le Camere faranno un lavoro diverso e saranno composte in maniera diversa, roba che in democrazia si è già vista) è stata proposta da una maggioranza parlamentare, è stata vagliata dalle Aule e dalle Commissioni, ed è stata modificata da personaggi che, dopo aver contribuito a riscriverne il testo, sono passati a sostenere la necessità di bocciarlo alle urne. Personaggi che, se si esclude Grillo, sono eredi di quelli che ho rigurgitato poco sopra, fatta eccezione per D’Alema e De Mita, che sono eredi, ancora vivi, di sé stessi.
Io ci ho provato a discutere di referendum, senza riuscire a entrare troppo nel merito, perché tecnicamente non ho cose interessanti da dire ma politicamente qualcosa si, come tutti. Ogni volta mi sono sentito dare del superficiale, perché la buttavo in politica. Avete stufato, cari padri. Questa ormai quasi patetica riforma non sposterà quasi nulla in termini di assetti istituzionali, e nulla in termini di tenuta della democrazia. Si può vivere con due Camere paritarie, si può vivere con una Camera con potere legislativo e indirizzo politico, e una in rappresentanza dei territori, e si può vivere in una terra di mezzo, e tutte le pippe di chi vorrebbe mettere la Resistenza in un tabernacolo, finiscono in questa considerazione.
Poi c’è la politica. Io ci ho provato, (sapete, su Facebook…) a partire per la tangente e dire che questo è soprattutto un referendum politico e che, nel clangore degli avversi schieramenti si stanno confrontando, tra le altre cose, varie generazioni della sinistra. Che la sinistra clientelare, quella delle tessere, quella del non governo, è quasi tutta da una parte. E ho provato a ragionare sul fatto che questa sinistra ha fallito e che oggi, per bocca di certi padri che pur nel fallimento godono di ottima salute, ha deciso di dire no, insieme a Berlusconi, a Grillo, a Gasparri e a Salvini. Niente, mi sono preso ancora del superficiale. E ci sono rimasto anche male, devo dire.
Poi però ho messo a fuoco una cosa: è proprio una specie di panico dissimulato, quello che si legge tra le righe di molti interventi pro-no e in questo faccio salvi tutti gli elettori del Movimento 5 Stelle, la cui posizione contraria alla riforma io trovo coerente con il disegno politico che stanno perseguendo. Loro hanno un progetto, non è il mio, ma ce l’hanno, e il loro “no” io lo rispetto. D’Alema e i padri con la bacchetta, un progetto politico non ce l’hanno e se ce l’hanno non sanno comunicarlo, il che è come non averlo, e lavorano a perpetuare sé stessi (il proprio ruolo politico o la propria plausibilità) scagliandosi con presunzione contro proposte e progetti politici indicati da altri.
C’è del livore in queste righe. Spero serva a far riflettere chi tratta gli altri da ladri, da collusi, da idioti; solo a loro è indirizzato. Per il resto, chi sa come voterà e ha l’umiltà di rispettare il voto opposto, ha tutto il mio rispetto. Spero che si rispetti chi è ancora indeciso e anche chi non ha voglia di esternare una scelta di cui non è pienamente convinto, magari perché non vuol passare per idiota e colluso.
C’è un’Italia che sfugge completamente a certi padri della sinistra, è l’Italia di chi non ha un lavoro e non avrà una pensione, o di chi ha un lavoro precario o da artigiano o da piccola partita Iva, e comunque non avrà una pensione. Alcune delle motivazioni, immature e poco argomentate del si, stanno dentro questa pancia (anche alcune del no, a dire il vero). La sinistra italiana ha fallito perché il benessere e la libertà sono arrivati, il Novecento si è chiuso e il mondo si è messo a correre, e nel frattempo nessun D’Alema, nessun Bersani e nessun Bertinotti (per ora anche nessun Civati, ma lui ha più tempo davanti che dietro), è mai riuscito a spiegare a quella pancia come si fa a governare l’Italia facendo la Sinistra senza perdere il passo col mondo. E anche il no che oggi gridano a gran voce, mi sembra un tentativo goffo, forse l’ultimo, di fare politica. Dicendo a tutti dove non andare, spiegando cosa non fare, insegnando come non sbagliare.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design