Padre Giacomino Canu ha ottant’anni, spalle da atleta, voce da tenore e un folto pizzo. È nato a Pattada, ha fatto il missionario in giro per il mondo, poi è sbarcato in Gallura, dove la diocesi lo ha destinato alla Chiesa di Battistoni, oggi Baja Sardinia. La chiesa di Baja Sardinia d’estate s’affolla di credenti dal solido conto in banca, per i quali il momento del raccoglimento mistico arriva dopo la giornata trascorsa sullo yacht o ai bordi di una piscina. Padre Giacomino è un prete della Costa Smeralda. Ma è quanto di più lontano dalla Costa Smeralda si possa umanamente immaginare. ll suo mezzo di trasporto è sempre stato uno scooter verde. Li tinge lui di verde, non appena escono dalla concessionaria: sul telaio restano i segni di vigorose pennellate. Va in moto tutto l’anno e in moto canta a squarciagola, come un ragazzino entusiasta. “Entusiasta” significa “col Dio dentro”. Una volta – io andavo in bici – mi raggiunse e superò sui tornanti per San Pantaleo, in una gelida mattina invernale: intonava non so quale motivo, ad un tono di voce altissimo. Pensai: “Quello è un uomo felice”. La chiesa di Sant’Antonio dove celebra la messa in parte l’ha costruita lui. Non fatta costruire, costruita: ha lavorato da muratore, ha affrescato le pareti da pittore di talento qual è, ha decorato le vetrate, ha lavorato la pietra per farne delle sculture. Ha scritto dei libri, testi teatrali. In uno di questi mette in scena la spartizione del mondo tra i potenti. A Yalta, dopo l’ultimo conflitto. Però se cercate nel sito della diocesi, la sua fotografia è una delle pochissime mancanti nell’elenco dei sacerdoti. Rifugge ogni protagonismo, anche il più banale. Ieri ho accompagnato una persona ad un funerale celebrato da padre Giacomino. Poco prima di entrare in chiesa, questa persona si è controllata le tasche e si è accorta di non avere spiccioli per l’offertorio. Le ho prestato due euro, che mi ha restituito alla fine della funzione. “Non sono serviti”. Padre Giacomino non ama le questue. Anni fa capitai ad una messa insieme ad un familiare disabile. Era agosto e faceva un caldo che, non fossimo stati in chiesa, avrei detto del diavolo. Il mio parente, tutto sudato, boccheggiava. Il prete lo notò subito. Giacomino al piccolo trotto si diresse in sagrestia e ne uscì con un condizionatore nuovo di zecca, ancora avvolto nel cellophane. “Portatelo via, fratello, è tuo!” Chiunque abbia di fronte, lui gli si rivolge chiamandolo “fratello”. Niente nomi, niente distinguo, ogni uomo è un fratello, ogni donna una sorella. Nel verde della sua motoretta si legge la rinuncia, la professione d’umiltà.
Perché vi parlo di lui? Perché la Chiesa non è solo attici, avidità, trame oscure, figure equivoche nei ruoli chiave, scandali, pedofilia. La chiesa è anche l’abbraccio cristiano del fratello Giacomino.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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