Il Personaggio di oggi è Oscar, il bambino arrestato mentre recitava poesie in strada, a Mosca. La storia è raccontata su Repubblica.it da Rosalba Castelletti, corrispondente del giornale. A Mosca c’è una legge e c’è una polizia. La legge dice che è vietato chiedere l’elemosina. La polizia vede delle monetine per terra, applica la legge e arresta il bambino insieme a sua madre (in realtà sarebbe la compagna del padre, ma cambia poco, visto che era lì in veste di madre). La legge, dicevo, e la Polizia. La Legge dice che non è possibile mendicare. Ma Oscar era lì per fare altro. Soffre di alcuni disturbi del linguaggio e il logopedista gli ha proposto, come parte della terapia, la recitazione a voce alta di alcuni classici della letteratura. A Oscar l’idea è piaciuta, evidentemente, e ha iniziato a recitare poesie nella zona vecchia dell’Arbat, quello che un tempo era il quartiere degli artisti. Non me ne intendo ma suppongo che, a parte i suoi gusti personali, il terapeuta abbia seguito l’idea che le cose belle (e un testo di Shakespeare è indubbiamente bello) siano portatrici di una qualità universale che va oltre l’estetica di una particolare nicchia, che ha a che fare con la vita nella sua interezza e profondità, e che se c’è una via per restare interi, umani e vivi, e anche per guarire, essa passa per il riconoscimento di quella qualità, che le grandi opere della natura e dell’arte contengono e rendono accessibile (penso a un tramonto sull’Arcipelago, al fruscio di un bosco, alla quartina finale del Paradiso di Dante, alla Suite francese n. 2 di Bach, e così all’infinito). La cultura iperconnessa nella quale viviamo consente la circolazione di tonnellate di spazzatura ma anche di ascoltare, per esempio, quella Suite digitandone il nome su Youtube. È libertà nel caos, se vogliamo, ed è preferibile a meno libertà in un maggior grado di ordine e regole. Oscar che recita poesie è un esempio di quella bellezza e ha a che fare con l’idea di libertà difficile da regolare. Qualcuno, non capendo perché il bambino è lì, gli lascia come premio delle monetine. La Legge e i Poliziotti, in questo specifico caso come in qualche altro, coerentemente, reprimono il fatto perché a loro giudizio viola la Legge. Avrebbero potuto capire che non erano di fronte a un “vero” mendicante ma a un bambino che recitava per guarire: per farlo, avrebbero dovuto essere capaci di ascoltare, osservare e muoversi tra contesti diversi. Evidentemente hanno ritenuto che l’unico contesto valido era quello in cui “Oscar sta commettendo un reato” è un’affermazione vera, con buona pace del bisogno di bellezza che indigna tutti coloro che non si riconoscono in quell’unico contesto. I nodi della questione sono tutti qua, a mio avviso; Bellezza, Libertà, Legge, Repressione, Comprensione del contesto.
E mi torna in mente una frase di Gregory Bateson: “Coloro cui sfugge completamente l’idea che è possibile aver torto, non possono imparare nulla, se non la tecnica”.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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