Nel 1987, grazie ad alcuni amici, alle canzoni di Piero Marras e alle gags di Benito Urgu, io maddalenino, io gallurese di mare, ho iniziato a scoprire la lingua sarda. A Orune non ci sono mai stato. Conosco un po’ Oliena, Orani e Dorgali. Sono stato per qualche giorno ad Aritzo e Belvì, e a Fonni. A Gavoi, anche. A Orune mai. Io Gianluca Monni non lo conoscevo. Però negli anni tra il ’99 e il 2005 ho accompagnato in escursione tante scolaresche di molti paesi della Sardegna. Anche di Orune. E non mi lascia in pace il pensiero che si, forse io e Gianluca ci siamo incontrati. Di Orune so 1) che subisce più di altri luoghi certi stereotipi e che, insieme a Desulo, è uno dei posti più presi di mira da un certo modo di guardare il cuore della Sardegna da lontano e con un occhio solo; 2) che il vento soffia in modo particolare.
Questo lo so grazie a una canzone di Piero Marras che parla di vite troncate, vedove di vent’anni, vento che trapassa le campagne e muove fronde di alloro e capelli, in particolare quelli biondi (biondi?) di Teresa. Perché una Teresa bionda, a Orune, esiste, può e deve esistere, perchè può essere pensata, mentre da qualche parte nel paese, parole scolpite dicono che la vita del balente “non valet unu francu”, non vale una lira. Allora, se è possibile che una Teresa bionda esista e resista, a Orune, io posso pensare che Gianluca Monni non fosse destinato a morire, a essere ucciso da un pezzo della sua Orune. che questa morte e quella violenza bestiale non siano obbligatorie, che forse gli occhi di Gianluca io li ho visti quando era un bambino ed era venuto nelle mie isole a vedere un pezzo di Sardegna, così diversa dalla sua eppure sempre così Sardegna. E posso pensare che tutto questo ha un senso e che se anche non ce l’ha, come dice Vasco, domani saremo ancora qui, Gianluca, ancora qui.
Senti che vento?
Sarebbe bello se tu potessi sentirlo.
Se potessimo sentirlo anche noi.
Sarebbe bello.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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