La condivisione del dolore indotto da un eccesso di immedesimazione involontaria è un atto che contiene, in sé, tutto l’egoismo e l’altruismo del mondo. Le migliaia di bambini uccisi in Iraq, Palestina, Siria, per colpa di guerre di puro potere economico e politico provocate o indotte dagli occidentali, restano un numero statistico fino a che non giunge davanti ai nostri occhi una qualche immagine. Una madre piangente, un padre impietrito dal dolore. E’ un attimo. Scatta il meccanismo dell’immedesimazione, che ti porta dentro la polvere e le macerie di quella guerra, quella guerra che fino ad un attimo prima stava dietro uno specchio. Con orrore, ti ritrovi nel panico, in fuga. Fuggi disperato e, in braccio, hai il tuo bambino. Troppo tardi. Il pensiero funesto ti ha aperto una falla nella mente, un varco velenoso dove affoga istinto e rabbia. Vorresti scacciarlo, quel pensiero, quell’immagine, ma non puoi. Troppo tardi. Tu sei lì. Una vecchia canzone degli U2, “One”, riverbera nella mente, come culla desolata. Chi la ricorda? Parte con pochi accordi di chitarra, poi la voce, cauta, pacata, prosegue, con sequenze di note e parole che sembrano comporre dei cerchi concentrici, come presente e passato che si confondono; c’è una tensione, un inseguimento verso qualcosa di illusorio, la ricerca di una sintesi, di una ferita da curare con la forza dell’amore, c’è dolore ed umiliazione, e vergogna; la canzone si avvia verso la fine con un crescendo che culmina in una specie di estasi straziante, quasi dolorosa, come di una rottura insanabile. Canzone che fu votata, anni fa, da una giuria qualificata, come la più bella canzone d’amore di tutti i tempi. E infatti i fidanzatini altro non fanno che condividersela a vicenda su internet, con baci, cuori e altri ammiccamenti sciocchi e amorevoli. Ma poi scopri che il percorso laterale del pensiero non ti ha portato verso quella canzone per caso, che quelle note armoniose non erano un rifugio tanto per scacciare lo spettro della colpa e del dolore, no, ma per ricordarti della tua immedesimazione, dalla quale non c’è scampo. Perché, in realtà, “One” è si una canzone d’amore, ma di un amore straniante, tormentato, e narra proprio di una incomprensione insanabile tra un padre e un figlio, che non riescono a trovare una condivisione di valori e di idee. Quanto è difficile, oggi, instaurare un rapporto umano positivo tra padri e figli. E’ una ricerca interiore continua, un adeguarsi ai tempi, un restare esempio forte, tracciando una strada tra sterpi e rovi, e nello stesso tempo non facendo mancare affetto e presenza. Una missione difficile e continua, un lavoro di costanza ed equilibrio tra amore e ruolo. Vedo i miei figli crescere e mi domando, ancora, se ho fatto bene, se non li ho viziati, se sono stato troppo molle, o troppo duro, se sono stato presente nel momento del bisogno, o al contrario invadente. Mi domando sempre se ho fatto il giusto, e cosa farò in futuro. Poi, improvvisamente, mi immagino in fuga, tra la polvere e le macerie, e svaniscono tutte queste cure e premure. Afferro allora i miei cuccioli e li stringo forte. Io posso fare questa cosa così bella, così straziante, e saziarci d’amore fino a scoppiarne. Siamo fortunati. In fin dei conti la sofferenza è sparpagliata a mani basse ingiustamente nel mondo. Si potrebbe farne a meno, ma la natura umana è dunque questa, si può solo farne ammenda, invocare compassione, un crocifisso dentro un aula sorda, pregare gli dei dell’ira, attendere il tempo della redenzione, e sperare ancora e ancora in qualche barlume di coscienza. Non so trovare altro pretesto, non riesco a formulare miglior scusa per godermi i baci e il calore di queste mie creature senza rimpianto, senza sentirmi a disagio per non essere riuscito a consegnare loro un mondo migliore di questo.
Foto tratta dal sito www.improntaunika.it
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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