Ora qualcuno dovrà andare a dire al procuratore di Nuoro Andrea Garau e al suo omologo del tribunale di Sassari Elena Pitzorno che sugli omicidi di Gianluca Monni e Stefano Masala si sono sbagliati di grosso, che hanno detto un sacco di sciocchezze, che l’omertà non esiste e che se non si è registrata grande collaborazione nelle indagini, da parte delle comunità coinvolte, è stato perché effettivamente nessuno possedeva informazioni utili su un’esecuzione compiuta in pieno giorno, davanti a molte persone, oppure per l’umanissimo, comprensibilissimo sentimento della paura.
Si può davvero essere convinti che due magistrati così esperti che da un anno lavorano al caso parlino a vanvera, senza pesare le parole che pronunciano, si può davvero credere che non abbiano attentamente ponderato le loro dichiarazioni in conferenza stampa e non ne abbiano valutato gli effetti, prima di denunciare lo scarso sostegno verso le loro indagini? Si può davvero pensare che siano due sprovveduti che non hanno capito nulla del tessuto sociale nel quale lavorano? Oppure si vuol far credere che cerchino di pulirsi la coscienza, attribuendo ad altri fattori la responsabilità per la lentezza di indagini? Io non credo proprio che sia così. E non penso proprio che restando seduti dietro una tastiera se ne possa sapere di più di chi all’inchiesta ha lavorato in prima persona.
Sento dire che l’omertà denunciata dai magistrati Garau e Pitzorno non è diversa da quella che, per casi analoghi, si manifesta ovunque, nel mondo. Nessuno lo mette in dubbio. Ma sarebbe meno grave? Consente forse questo di archiviare la brutale esecuzione di due giovani senza porsi altre domande, limitando la questione alla follia delle persone accusate di crimini così efferati? Io credo che le parole dei due magistrati, così forti, siano state fatte esplodere apposta, per indicare un’altra direzione.
E cioè che qualche domanda sia urgente porsela sulla fiducia verso lo Stato, sull’utilità dei cattivi maestri che allo Stato attribuiscono ogni orrore, sul rapporto con la legalità e sul dovere della denuncia, pur comprendendo l’umanissimo sentimento della paura.
Io credo che anche i magistrati Andrea Garau ed Elena Pitzorno abbiano avuto ed abbiano paura, nella quotidianità della loro professione: è il prezzo che bisogna pagare per rappresentare lo Stato e per poter dire di essere dei cittadini. Beato il Paese che non ha bisogno di eroi, ma non sempre è necessario essere eroi per fare la cosa giusta.
Come sempre, pare che il centro del problema sia la reputazione delle comunità coinvolte anziché la perdita di due giovani vite e il troppo faticoso cammino verso la verità. Approfondire appena appena il contesto sociale del caso sembra ai più esercizio inutile, la ripetizione di stantii luoghi comuni sulla società del malessere. Invece non è questo, è solo la legittima ricerca di quel che può esserci oltre queste esplosioni di violenza, oltre la follia di chi le concepisce e le esegue.
Gianluca Monni e Stefano Masala sarebbero morti comunque. Chiediamoci se la loro memoria poteva essere più degnamente onorata.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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