Da oggi è primavera. Cioè, in questo 2016 veramente sarebbe da ieri. E’ una faccenda di equinozio che non ho capito bene. Ma non me ne frega niente, perché da che mondo è mondo dalle mie parti la primavera comincia il 21 marzo. Quindi da oggi è primavera. Mezzanotte è passata da poco e dalla finestra immersa tra due palazzoni non vedo bene il cielo, però mi sembra limpido perché in mezzo a due apparecchi per l’aria condizionata brillano alcune stelle. Sarà una bella giornata? Penso di sì, ma se anche il cielo si coprisse da un momento all’altro e cominciasse a piovere, questo resterebbe sempre il primo giorno di primavera. Perché la primavera è la stagione della speranza. E la speranza non c’è pioggia che la possa stingere. Penso a qualche 21 marzo che potrebbe indurre a pensieri di segno opposto, cioè a pensieri disperati. Il più vicino è quello del 2010, quando negli Usa la Camera dei rappresentanti diede il via libera alla riforma dell’assistenza sanitaria voluta dal presidente Obama. Ero ancora indeciso, allora, se Obama fosse soltanto un simbolo o anche un grande statista e una guida vera per i progressisti di tutto il mondo. Quella riforma che strappò l’America a una politica dell’assistenza ancora permeata di frontiera per portarla nella vera modernità del welfare, mi fece optare per la seconda ipotesi e ne ho avuto conferma dai successivi passi del presidente, tra quali quell’ultimo della pace con Cuba. E questa è la primavera. Mentre i nuvoloni in agguato potrebbero essere rappresentati dalle prossime elezioni, quando il presidente che ha edificato democrazia e progresso più dello stesso Kennedy, potrebbe essere sostituito da Trump. Perché nonostante due mandati di Obama ci sono ancora un mucchio di americani disposti a votare Trump. Poi c’è un altro 21 marzo, 1996. E’ quello della prima Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Da quella data ogni anno in una città diversa, viene letto un elenco di quasi mille nomi di donne e uomini uccisi dalla criminalità organizzata. Li ricordiamo ogni anno per difendere la nostra dignità di italiani. E ogni anno è un nuovo colpo inferto alle mafie. Ma ogni anno è anche un consolidarsi delle mafie e fatti sempre più incalzanti dimostrano che l’infiltrazione criminale nella nostra classe dirigente rischia di evolversi in un intreccio inestricabile tra criminalità e politica. Ed anche in questo caso quindi c’è un nuvolone che minaccia la primavera. C’è anche il 21 marzo del massacro di Sharpeville, quando nel Sudafrica dell’apartheid trecento poliziotti bianchi uccisero sessantanove persone che manifestavano pacificamente. Dopo quel 1960 il 21 marzo è diventato Giornata internazionale contro la discriminazione razziale, un evento che ha contribuito con le sue manifestazioni in ogni parte della terra alla caduta di quell’infame regime e che ancora tiene la guardia del mondo alta contro ogni intolleranza. Eppure quanto piove anche su quella primavera. Penso ai rivoltanti razzisti italiani che incitano all’odio e alla persecuzione di immigrati e omosessuali riuscendo a riempire la piazze con ondate di paura e di ignoranza. O ai muri che si costruiscono in Europa nell’illusione di fermare la storia con un po’ di cemento e filo spinato. Penso infine persino a Luigi Tenco, nato un 21 marzo, il primo giorno della primavera del 1938. E anche lui nel 1967 ebbe il suo disperato inverno fatto di una pallottola nel cervello nella stanza di un albergo di Sanremo. Che dire di questi inverni cupi venuti dopo le primavere? Allora i sogni si possono distruggere e non è vero che la speranza è l’unica certezza? Non credo. Perché la canzone che aveva vinto quell’anno non so più quale sia. Ciao amore ciao, invece, io la canto ancora.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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