“Fiorenzo, non lo fai un pezzo su questa scoperta?”.
No, guarda, tanto so come va a finire. Alla fine si accapigliano, nasce un pandemonio, litigano quelli che fantasticano su giganteschi imperi sardeschi dell’età del bronzo, e quegli altri, i censori della Storia Sarda, appostati dietro i muretti col fucile spianato, pronti a far valere le ragioni della storia nazionale, che esclude quella sarda relegandola all’oblio.
Perché solo in Sardegna accade questo. Solo in Sardegna ogni scoperta delle tante che, messe fuori dalla porta dalla storiografia, rientra dalla finestra, accende un parapiglia tipo tifo da stadio.
Bene, io ho già dato: nel senso che di questo parapiglia ne ho fatto analisi, e ne ho già abbondantemente detto il perché e il percome. Basta leggersi il mio libro; francamente, non ho più voglia di tornarci sopra. Nel mio libro (scusate la pubblicità, e anche la pigrizia nell’evitare di dire sempre le stesse cose: La Mano Destra della Storia, Carlo Delfino Editore, 2017), spiego come funzionano certi meccanismi di nazionalizzazione culturale. Spiego anche come fattori economici si alleano con i fattori politici per utilizzare i processi storiografici a proprio uso. La Storiografia è un potente strumento di nazionalizzazione delle masse e di creazione di una identità nazionale. Da qui tutti i conflitti tra una storia molto antica e notevole, quella sarda e in particolare nuragica, e una storiografia italiana che non contempla quella eccentricità.
Tutto scritto, analizzato, dimostrato, commentato.
Eh… ma: “Fiorenzo, devi scrivere su questa cosa”.
La “cosa” sarebbe questa: articolo di Repubblica datato 10.01.2022, a firma di Roberto Brunelli. Secondo uno studio della prestigiosa rivista tedesca Praehistorische Zeitschrift, i celebri elmetti cornuti, ritrovati a Vesko, in Danimarca, simbolici di una certa iconografia vichinga che poi, in età moderna, ha sempre dipinto i terribili guerrieri nordici con il copricapo cornuto, in realtà sono di origine sarda. Spiega l’archeologa che ha condotto le ricerche, la danese Halle Vandkilde, che nel 900 avanti Cristo, i vichinghi ancora non ci stavano in mezzo alle paludi danesi, per cui (e qui sarebbe utile capire quali esami archeometrici siano stati effettuati) gli elmetti cornuti farebbero parte di una più vasta origine mediterranea che va dal sud della Penisola Iberica all’Oriente dei navigatori fenici, con in mezzo, come fulcro, la Sardegna, che più di ogni altra è la terra rappresentativa di questa simbologia. Del resto, una bella suggestione per fantasticare è data dai “Norreni”, nome dato agli antichi vichinghi, che appunto parlavano la lingua norrena. Etimologia che unisce il “nord” astronomico alla civiltà Nuragica, che è piena di toponimi per “nor”.
Apriti cielo. Già mi immagino le discussioni tra quelli che ho definito i “legittimati integrati”, e gli “intrusi alternativi”. Discussioni che, come ho avuto modo di studiare per diversi anni con osservazione partecipata, finiscono per polarizzarsi ripetendo sempre le stesse cose.
Qui devo aprire una parentesi: perché a livello internazionale, e persino nazionale (da dove è nato tutto il problema storiografico sardo, che è figlio, in un certo senso, del problema storiografico italiano) ormai la Sardegna da tempo ha smesso di infastidire con la sua storia. Studiosi di tutto il mondo, Italia compresa, mostrano impensabili aperture (fino a pochi anni fa) nei confronti dell’importanza della Storia sarda. Così come, del resto, risulta evidente. Anche in Sardegna, ormai, a dire il vero, gli studiosi iniziano sempre di più a ragionare oltre i vecchi condizionamenti culturali. Ma spesso si percepiscono attriti, reticenze, ripensamenti. Basti pensare all’ipotesi che unisce Shardana con Nuragici, che sembra più accolta di là, che di qua, ancora azzannata con digrignare di denti e risate sarcastiche. Ci avviciniamo, dunque, a un paradosso, che ci ricorda quel soldato giapponese nell’isoletta del Pacifico che pensava, dopo tanti anni, che la guerra non fosse ancora finita.
Allora, mettiamola così: dagli alti piani della Storiografia, più sarda che altrove, ci vorrebbe una apertura di credito verso la terra che ha la più incredibile densità di monumenti archeologici che l’Istat abbia mai registrato, per fare un po’ di passi in avanti alla storiografia che non è solo sarda, ma di tutta questa parte di mondo. Si capirebbero meglio connessioni e influssi culturali. Basterebbe, in fondo, fare un bel ragionamento, forse più antropologico che archeologico, o comunque interdisciplinare.
Do il buon esempio.
Nell’età del bronzo, i traffici commerciali erano sacri, perché portavano non solo prodotti tanto più preziosi quanto provenienti da terre lontane e sconosciute, ma anche idee, conoscenze, tecnologia, sapere geografico ed etnografico. E nell’età del bronzo, il periodo in cui il mondo mediterraneo ed europeo veniva “inventato” da quei traffici, le isole erano centrali, punti fondamentali di una geografia con vie di comunicazioni terrestri meno agevoli di quelle marittime e fluviali. L’Oriente aveva Cipro, le isole egee, e soprattutto Creta. Le antiche civiltà orientali, per commerciare con l’Europa del Nord, che chissà quali e quanti prodotti poteva fornire, si potevano appoggiare su quell’isola messa apposta nel bel mezzo di tutte quelle rotte di navigazione. In Sardegna, terra peraltro prodiga di risorse naturali, la Civiltà Nuragica si strutturò con organizzazione e un’importante densità demografica. Tecnologie costruttive e agricoltura avanzata, come dimostrato ormai dagli studi, quindi navigazione, baldi giovani carichi di provviste e prodotti di vario genere, consentivano agli antichi nuragici di impostare una rete commerciale vastissima che andava dall’Oriente al Nord Europa.
Niente di strano, di fantasioso, di clamoroso, in fin dei conti.
Semplicemente una storia che viene cacciata dalla porta e rientra, continuamente, dalla finestra.
https://www.repubblica.it/esteri/2022/01/10/news/elmi_vichinghi_sardegna-333354654/
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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