Nulla mi resta, lunghi anni di disoccupazione hanno eroso tutti i risparmi che ero riuscito, con tanti sacrifici e rinunce, a salvare, compresa una piccola eredità.
Previdente, mi ero pure fatto un fondo pensionistico privato, nonostante giacessero in quel dell’INPS almeno trent’anni di contributi miei, sudati duramente, che non rividi mai più indietro. Senza reddito si finisce con il restare pure senza fantasia, senza aspettative e prospettive. Per uno come me che odia i debiti poi, onorare in questi anni un gravoso mutuo e tutto il resto di tasse e balzelli è stato davvero pesante, stressante e a volte deprimente. Si rinuncia persino alla salute quando lo spettro dell’esattore si aggira intorno alla tua casa, ai tuoi pochi averi, ma l’ho sconfitto infine, nemmeno una rata saltata o ritardata.
Mi ritrovai però in breve tempo col conto in banca, obbligatorio, agli sgoccioli e senza nessuna possibilità e/o previsione di entrate nemmeno a lungo termine, ma qualcuno continuava a prendermi soldi anche da lì, “imposta di bollo” la chiamano, ma è un furto, quel denaro è denaro già tassato in partenza, come gli stipendi e le pensioni, perché quindi continuare, mese per mese, anno per anno, a fregartene un po’? Non ho mai goduto di sussistenza di nessuna natura, se avessi davvero avuto bisogno non lo avrei fatto comunque, mai e poi mai mi sottoporrei alle grinfie di assistenti a-sociali e psicologi comunali per ricevere quella che si può considerare un’elemosina e che non è nemmeno sicuro arrivi. Eppure sono sempre stato onesto, non ho mai rubato ne’ mi sono ridotto a dipendente di qualsivoglia droga o sostanza, nemmeno al bar passavo mai oltre quei dieci minuti al giorno e nemmeno tutti i giorni, per un caffè o una bibita se capitava l’amico generoso. Troppe volte, in fila al collocamento, ho visto di quali attenzioni godano quelli che a certi espedienti si sono prestati, reintegrazione post carcere o post dipendenza, occupazioni “socialmente utili”, a chi? A chi ne raccoglie i voti?
Mi sono sentito dire, dalla Direttrice di quell’ufficio, persino queste precise parole: “Lei, signor Ics, non deve mica cercarlo così il lavoro, non lo troverà mai qua, lei è proprietario di una casa (che all’epoca stavo ancora pagando) e questo le porta il reddito molto in alto (18 milioni di lire allora, era il 1999) togliendole parecchi punti, mi dia retta, si cerchi un politico di riferimento e si faccia trovare una sistemazione”.
Avevo voglia di urlare a tutti i presenti, ed erano tanti, che era tempo sprecato anche per loro, che saremmo dovuti andare tutti a farci benedire e sistemare dallo scambista di turno, ma desistetti, quelle parole mi avevano atterrito, tolto ogni speranza, tornai a casa depresso e mai più misi piede in quell’ufficio. Mai in vita mia sono andato a chiedere nulla a nessuno, a barattare diritti e dignità per uno sporco voto.
Ogni tanto mi capitava qualche lavoretto, in nero, a volte venivo pagato (una miseria) a volte manco quello. Piccoli imprenditori edili, commercianti o semplici privati sempre pronti a pretendere e mai a dare nemmeno il giusto, il dovuto. Tirai avanti per qualche anno grazie a quei risparmi e al resto. Poi arrivò il giorno che i miei conti erano vicini allo zero ed io ero talmente stordito, incredulo e incapace di una qualsivoglia reazione che davvero non sapevo più cosa fare, cosa dire. Anni in cui, se andava bene, uno striminzito primo o un asciutto secondo per pranzo e una zuppa di latte per cena erano i menu fissi della mia tavola, ma quel poco che avevo lo condividevo spesso con chi stava peggio di me, giusto per avere un po’ di compagnia e l’impressione di non essere poi messo così male.
Poi quello zero arrivò, nullatenente effettivo, cominciò la vita alla giornata, quella vera che ti si infila fra stomaco, l’anima e il cerebro e non ti molla. Morte giorno per giorno, non vita.
Cominciai a frequentare le mense dei poveri per mangiare, a casa mi staccarono dapprima la luce, poi l’acqua ed infine arrivò un signore che si portò via il divano, il tavolo, le sedie e la televisione, la bicicletta! Per recuperare le ultime bollette non pagate, non potevo proprio. Ma cercavo di resistere, pensavo che se i miei antenati riuscivano a vivere senza queste necessità anche io avrei potuto farlo. Ma non era più così. L’ultimo periodo mi ritrovavo sempre più spesso a frugare fra i rifiuti dei mercati e negozi, alcune persone di buon cuore mi passavano quando una verdura, quando il pane, a volte il latte ma non avevo più il caffè, lo coloravo con il caffè di ghiande che raccoglievo ai giardini, tostavo al sole e poi macinavo come gli antichi, con una pietra di granito. Non ero felice, ma nemmeno abbattuto, fatalista da sempre vedevo la cosa come un destino al quale non si sfugge, non si impreca, che tanto è inutile.
Tutto questo sino al giorno che decisi che non era più vita, quella, e feci un salto dal ponte, per cambiare mondo, visto che a cambiare questo non c’era riuscito nessuno. Da invisibile vissi e da invisibile morii, perché nemmeno il quotidiano locale parlò del mio gesto estremo, ma forse fu meglio così, perché dove sto ora, di persone come me ne ho incontrate parecchie ed è grande la soddisfazione di essermene andato senza debiti, senza dovere nulla a nessuno e senza avere venduto quella casa che tanti sacrifici e dolori mi costò, per principio.
Una casa che, ironia della sorte, non avendo io eredi, passò di proprietà proprio di quel comune che mi aveva reso invisibile, che si accorgeva di me solo quando c’era da prelevare e prelevava sempre, ero un bancomat per quegli uffici dove impiegati imbelli si nascondono dietro leggi ingiuste, inique e devastanti per più sfortunati, ma ancora penso che essi e chi li comanda siano molto più miserabili di me. Oggi lo vedo, da quassù, quanto è vero.
(A Martino, anarco-pastore classe 1958, scomparso definitivamente l’undici febbraio di molti anni fa (2001) senza avere mai visto un film al cinema, ma invisibile già da molto prima. A tutti i Martino, che continuano a crescere e moltiplicarsi.)
P.S. Invisibile non certo per me, che gli volli un gran bene ed ancora lo stimo e lo ricordo con grande Amicizia ed Affetto. Le parole che ho scritto sono tutte sue, frutto di serate intere passate insieme, a casa mia, a sentire musica e bere un po’ di vino, le sue uniche feste comandate.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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