C’è questa storia che babbo mi faceva guidare la macchina a Palmadula da quando avevo dodici anni e lui lì faceva il medico condotto. Ora lo posso dire perché tanto il suo reato è estinto per morte del reo e il mio dev’essere caduto in prescrizione. Insomma, il fatto è che intorno al 1970, compiuti da poco i 18 anni, volevo la patente e con tanto di foglio rosa mi misi al volante di un’auto di una scuola guida e l’istruttore si accorse che sapevo già guidare. -Dove hai imparato? Anzi, non lo voglio sapere, sennò devo denunciare qualcuno. Insomma, andò a finire che quello diede per scontati tutti i fondamentali e mi diede un paio di dritte su certi trucchi che con i motori e le sospensioni di allora era meglio conoscere. E quindi più che altro mi utilizzò come autista per certe sue faccende personali. Queste faccende, persone con cui parlare, materiale da consegnare, portavano sempre nelle prime attività di Predda Niedda, che prima di allora per me era una campagna che si chiamava così per chissà quale tenebroso motivo che forse aveva a che fare con i monumenti più alti che svettavano dal muro di cinta del cimitero, che allora era bene o male la fine della città dalla parte della strada di Alghero e di quella di Porto Torres. Quindi io ho visto Predda Niedda mentre sorgeva, ho visto nascere quei capannoni che ora stanno svuotando la città. Ho visto trasferirsi gli artigiani, dai meccanici ai falegnami e ai fabbri. Che tristezza. Nonno era fabbro e se avessero provato a toglierlo dalla sua officina in piazza del Comune avrebbe soppesato minaccioso il martello. Nonno era minuto, magrolino, bassottino e pacifico, e aveva dei baffetti tipo Charlot, ma aveva non so che forza della quale ti accorgevi quando assestava martellate al ferro ancora caldo e prima che si raffreddasse vedevi formarsi i petali di una rosa o il fregio onirico di un cancello. Sopra la bottega c’erano due appartamentini. Al primo piano abitava la mia famiglia e al secondo la sua. La palazzina era tutta sua: allora non c’era previdenza e gli artigiani si garantivano la vecchiaia comprando un immobile, se ce la facevano. Nella casa del primo piano, ai tempi del Fascismo, ci abitava in affitto un fascista un po’ potente e molto prepotente. Quando aveva chiesto quella casa a mio nonno questi aveva messo in chiaro che appena sua figlia, cioè mia madre, si fosse sposata l’inquilino avrebbe dovuto andarsene perché la casa serviva a lei. E misero nero su bianco. Quando la data del matrimonio venne fissata, quasi un anno prima, nonno lo disse all’inquilino. Ma questi fece finta di niente e allora nonno lo avvertì che lo avrebbe sfrattato. Fu allora che quel sottogerarca si presentò in bottega vestito di tutto punto con camicia nera, fez, stivali, sorriso ironico e occupò l’ingresso appoggiandosi a uno stipite -Signor Marcello, la vogliamo capire o no che io da quella casa non me ne vado? Mettetevi il cuore in pace, state attento a voi e ringraziate che vi pago l’affitto. Un certo Renzo, che allora era un ragazzino che faceva il garzone di officina, mi raccontava sempre che nonno terminò sull’incudine il lavoro che stava facendo per non lasciare ingrigire il ferro rosso rosso, il carbone costava caro, poi voltandosi verso il visitatore brandì il martello -Femu digussì: eu andu a Santu Basthianu e vosthè andeddi a Caramasciu. Il programma non piacque all’inquilino che non trovò protezione neppure nelle sue gerarchie perché nonno era benvoluto da tutti anche se non era iscritto al fascio. E quindi traslocò. Cosa c’entra con Predda Niedda? Boh, certo è un percorso un po’ contorto. Però io quel posto l’ho visto nascere e poi l’ho visto succhiare la città, prima togliendole gli artigiani e poi i commercianti e poi creando un modello culturale di contro città che spero venga sconfitto da questo bel piano per il centro storico presentato in questi giorni dal sindaco Nicola Sanna. Ma per anni le mie ombre rosse mi spingevano a immaginare la bottega di nonno con un tale che si affacciava dicendogli che doveva andarsene a Predda Niedda e lui che con il martello in mano cominciava a dire -Femu digussì…
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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