Una volta c’erano i distinguo e si aveva molto tempo per discettare di questioni filosofiche.Nell’intervista rilasciata al settimanale “Gente” del 13 aprile del 1966, il cardinale Alfredo Ottaviani precisò la posizione della chiesa Cattolica relativa al divieto di seguire il comunismo. La spiegazione è illuminante e, per certi versi, molto italiana: “(…) Bisogna ricordare che la scomunica si applica a coloro che professano dottrine marxiste, non a coloro che aderiscono sic et simpliciter al partito comunista. Chi vota per i comunisti o iscritto al partito, ma non aderisce al materialismo dialettico non è scomunicato (…) ”. La puntualizzazione non era di poco conto anche perché il buon Ottaviani aggiungeva che: “in Italia molte persone non sanno niente di marxismo, vanno in chiesa, credono in Dio e votano per i comunisti. Essi non sono scomunicati, però commettono un’azione illecita, cioè peccano”. Basterebbe, a seguire Ottaviani, una semplice confessione con successivo pentimento e il voto ai comunisti può essere salvato dalla chiesta cattolica. Erano altri tempi, certo. Però fa sorridere la storia del peccato. Nei primi anni del dopoguerra si faceva riferimento ad un monito per tutti i credenti: “Attenti, Dio vede anche all’interno della cabina elettorale”. Poi, visto che quel Dio pareva fallire (e non poco) si decise per il piano B: “Se votate i comunisti, confessatelo e sarete perdonati”. Senza tener conto che il voto doveva comunque rimanere segreto. A Dio compreso.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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