Ci sono ancora quelli dei salotti, quelli che hanno sempre la risposta pronta e la soluzione a tutto, quelli che molti chiamano radical-chic? E, soprattutto, dove si annidano oggi che essere comunisti non è più di moda, essere intellettuali è diventato out e anche essere di destra duri e puri non funziona più? Me lo sono chiesto ascoltando una canzone apparentemente innocua ma con delle parole giuste per questo strano momento di un paese ormai urlante, logoro, incattivito e, per certi versi senza molte idee. Mi sono reso conto, irrimediabilmente, che siamo un popolo di scrutatori non votanti, ormai assolutamente indifferenti alla politica (tutti ladri, vogliono solo il potere); ci teniamo ai dire “ohissa!” ma poi non scendiamo mai dalla macchina (altra sublime e comparabile canzone potrebbe essere quella del genio Enzo Jannacci “se me lo dicevi prima”, slang utilizzato in tutta la bassa padana negli anni della Milano da bere). Ha ragione Bersani (Samuele, il cantante e non Pierluigi, il politico) siamo tutti come degli atei praticanti che entriamo in chiesa la domenica, ci mettiamo un po’ in disparte per dissentire dalla predica. E’ un ritratto perfetto di noi italiani, sassi che non rotoliamo, che camminiamo sempre con le mani nelle tasche (le mani in saccoccia nell’immagine bellissima e poetica dei proletari di Pasolini in “ragazzi di vita”) e i pugni in tasca quando nevica. Siamo così: europei senza conoscer le lingue, viaggiatori nelle pagine virtuali di internet, costruiamo viaggi che non faremo mai e, soprattutto, puliamo casa ma non ospitiamo. Quest’ultimo concetto ci accomuna tutti conservando, sia chiaro, la nostra fresca etica. Osservando il mare di Capalbio, con una bibita arancione e verde, si riesce sempre ad avere la soluzione in tasca. Questo popolo che poteva essere farfalla ed è rimasto una crisalide, piccolo, minimalista, infingardo, un po’ ciò che rappresentavano, con leggiadra maestria, Vittorio Gassman da una parte e Alberto Sordi dall’altra: personaggi improbabili, spacconi e fregnoni. Un popolo che sviene per un po’ di sangue ma poi è favorevole alla sedia elettrica. Se vi guardate in giro, se controllate bene i vari social, al netto dei gatti (bellissimi, per carità) delle frasi riciclate e copiate-incollate (fate girare, cazzo) delle petizioni per cose anche utili e importanti (tanto una firma mica si nega a nessuno, ci piace urlare ohissa! ma non scendiamo dalla macchina) ci rimangono i tramonti, i fuochi d’artificio di mezza estate, qualche amore compassato, qualche bacio mal dato e qualcun altro forse ricevuto. In questa estate pasticciata e confusa siamo tutti scrutatori non votanti, pavidi ed egoisti. Non ci sono più i radical-chic di una volta.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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