Siamo tutti d’accordo (tranne la Santanché e Gasparri) che a Genova, nel 2001, ci sia stato un brutale atto di repressione degno di una dittatura. Però la verità non sta sempre tutta da una parte e certe repressioni fasciste, coda di quei fatti, appaiono ancora oggi, quattordici anni dopo. Si può sospendere dal servizio un poliziotto perché ha cliccato un like sulla discutibilissima uscita di un altro poliziotto? Io credo che anche questa sia repressione, anche questa sia una forma di fascismo. Io ho messo i like sulla pagina di Salvini, della succitata Santanché, della Barracciu, benché non siano esattamente miei modelli di azione politica (ma certamente mie fonti di ispirazione). Un like è solo un like. Non argomenta, non offre appigli perché si possa accusare di connivenza con i seviziatori chi quel visto lo appone. Si spendono like su post che non si condividono, ma magari si rispettano, oppure solo perché ci sta simpatico il tizio o la tizia che li hanno scritti. A volta si clicca un like per errore. Ma davvero pensiamo che si possano perdere lavoro, carriera e onore per un like fuori posto? Non converrà darsi una calmata?
Ultima precisazione. Quel che è successo alla Diaz è stata una mattanza. Però mettere tutto assieme nel calderone non mi sembra giusto. Io non ho mai considerato un martire il povero Carlo Giuliani. Capisco il dolore, l’amarezza e le accuse dei genitori, ma io in lui continuo a vedere un ragazzo che scagliava un estintore contro la camionetta di carabinieri. A cosa poteva servire scaraventare un estintore contro carabinieri pagati un milione e mezzo al mese? Era forse un gesto rivoluzionario? Non si spara ad un ragazzo che ti scaraventa contro un estintore, certo. Ma quando la contestazione diventa follia tutto può accadere, anche che un giovanotto con una divisa addosso perda la testa. Per me Giuliani non è mai stato né un eroe, né un martire, ma un giovane che aveva male interpretato le forme di una sacrosanta contestazione. E, tra Pansa e il capo della Mobile di Cagliari Adornato, io sto con Adornato. Non perché il poliziotto Tortosa abbia ragione, ma perché non si può perdere il lavoro per un like.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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