– Buongiorno – esclamo con entusiasmo chiudendomi la porta alle spalle. Quello di dare il buongiorno con passione me l’aveva suggerito uno psicologo a un corso di aggiornamento “salutali con trasporto quando entri in classe e non come se stessi varcando lo studio del dentista”. Solitamente loro, i miei alunni, mi rispondono con altrettanto slancio e si alzano anche in piedi, sebbene io non lo pretenda, ma stavolta no.
Stanno lì, tutti ammassati attorno ad un banco. Alcuni nemmeno si voltano ed altri si girano giusto un attimo per poi tornare alle loro faccende. – Ehi, dico a voi: ho salutato, eh? – – Ohi professore’ lasci stare, non è un buon momento. – risponde un alunno con fare frettoloso – Che dramma si consuma lì all’ultima fila? –
Si spostano un poco per mostrarmi ciò che accade ed aprono un varco nel quale i miei occhi s’infilano curiosi. Anna (nome di fantasia) è lì, prostrata sul banco e nuota in un mare di lacrime, circondata da fazzolettini di carta appallottolati alla bell’e meglio. Il mascara, colando, le ha impresso due occhiaie come gusci di cozze in mezzo alla faccia. – Che succede? Ti senti male? – Non riesce a rispondere, scossa dai sussulti dei singhiozzi. Prima annuisce, poi nega. Ma non parla.
– Sto male, ma non è un problema di salute – dice dopo un po’, con un filo di voce nasale strofinando un kleenex sullo zigomo. – Problemi di cuore? – – Eja professore’ – rispondono in coro un paio di compagni, che le poggiano amorevolmente il braccio sulle spalle. – Dai, cerca di ricomporti, vai a bere un bicchiere d’acqua perché oggi devo spiegare il Machiavelli e ho bisogno di attenzione – – No professore’, la prego. Non ce la faccio a seguire. –
Gli altri colgono la palla al balzo e mi supplicano di non andare avanti col programma, facendomi capire che se sono distratti da altri accadimenti, nonché empaticamente vicini alla loro compagna, non sono predisposti ad ascoltare una lezione. Chiariscono, inoltre, che siamo abbastanza avanti con la letteratura ed impiegare un’oretta per parlare un po’ non andrà certo a inficiare la nostra tabella di marcia.
Provo a negoziare: – Allora, facciamo una cosa, voi il Machiavelli lo studiate autonomamente e così questo tempo lo possiamo dedicare all’angolino della posta del cuore. Siete d’accordo? – È ovviamente una domanda retorica e loro l’accolgono felici.
– Allora Anna, sentiamo un po’ il problema: si tratta di corna? – dico per sdrammatizzare. – No, quello è già capitato un paio di mesi fa, ma l’ho perdonato – risponde fra le lacrime. – Quindi, chiariscimi una cosa, il tuo lui si ritrova accanto un gioiellino come te ed anziché ringraziare il cielo mattina e sera si permette pure di tradirti? – – E vabbé, sono cose che capitano professore’ – risponde cercando di difenderlo. – E allora qual è il problema adesso? – – L’ho lasciato – – Anche se sei stata tu a decidere, un po’ di sofferenza la devi mettere in conto, c’è l’elaborazione del lutto – – No professore’, non è per quello che sto male. È che io sono molto affezionata ai suoi genitori, ho mandato un sms al padre per spiegargli i motivi per cui lasciavo il figlio e non mi ha ancora risposto. – – Ma che t’importa di spiegare le tue ragioni? Hai mandato a quel paese il figlio, non puoi pretendere di mantenere inalterata la loro stima. – – Magari l’ha letto prima il figlio e gliel’ha cancellato – esclama un genio dall’altro lato della classe.
Ridono tutti, anche lei.
– Anna, hai 17 anni e hai fatto una scelta che comporta delle conseguenze, fra queste il fatto che i suoi genitori possano allontanarsi – – Ma a me dispiace troppo, non li voglio perdere. – – Mettiti nei loro panni, tu stai facendo soffrire il loro figlio ed è normale che ti svalutino. – – Sono adulti, dovrebbero capire le mie ragioni. – – È vero, non è giusto ma è umano. Sono i suoi genitori, prenditi il loro biasimo perché non puoi fare altrimenti –
Le lacrime pian piano smettono di colare, forse per esaurimento dei serbatoi, forse per le battute dei compagni, forse per le pillole di psicologia spicciola, forse perché tirare fuori i problemi e distribuirli fra amici li fa sembrare meno opprimenti o forse per tutte queste cose insieme. La campana suona e segna la fine della lezione.
– Mi raccomando, per venerdì date un’occhiata al Machiavelli. Magari lo riprendiamo insieme, ma voi cercate di leggerlo. Almeno… –
Esco e mi dirigo al piano di sotto, pronta ad affrontare l’altra classe. Mi sento chiamare alle spalle, Anna mi corre incontro: – Volevo ringraziarla per aver sacrificato la sua lezione per me, so quanto le sia costato – e mi stampa un bacio sulla guancia. – Mi restituirai il favore, quando capiterà –
Incontro sulle scale la mamma di un alunno dell’altra classe. – Buongiorno, sono venuta a prendere mio figlio. Mi ha telefonato dicendomi che non sta bene e lo porto a casa, ogni giorno ce n’è una. Che tribolazione. – – Lo immagino – – Lei ha figli? – – No, non ne ho – – Eh allora non ha idea… – dice scuotendo la testa sconsolata.
Già, non puoi capire. Ti ripeti mentre entri nell’altra classe.
– Buongiorno – esclami chiudendoti la porta alle spalle.
Con trasporto, come ti aveva consigliato lo psicologo. Sì, con trasporto… anche se hai ancora addosso le lacrime dei figli non tuoi.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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