Mi scappa da ridere, quando si racconta la lotta per l’Indipendenza di quella parte dei catalani che la vogliono come la ribellione di un popolo oppresso e schiavizzato; mi lascia perplesso la mitizzazione del presidente Puigdemont, sostenuto da ultrà che in ogni suo gesto vedono genialità e la finezza del fuoriclasse politico, anche quando un atto sembra contraddire quello precedente. I nazionalismi nascenti contestano quelli esistenti, ma alla fine li riproducono e ne riproducono anche le tristi formule retoriche, nonché la ricerca forzata di nuovi eroi per alimentare a affermare la loro grandezza. Un referendum per la costruzione di un nuovo Stato che non preveda un quorum non è solo un atto superficiale, palesa anche un concetto molto limitato di democrazia. Vale anche per quelli che “gli assenti hanno sempre torto”, secondo cui quel 39 per cento di catalani che hanno votato per l’indipendenza basterebbero a proclamarla. Detto questo, se la Catalogna vuole davvero essere Stato non saranno gli arresti del suo governo regionale a fermare questo processo. La giustizia morale non sempre corrisponde a quella scritta: se anche arrestare i promotori del referendum è atto formalmente legittimo, non può essere legittimo chiudere in gabbia chi ha una certa idea per il futuro del proprio popolo, che la si condivida o meno. Non si possono ammanettare le idee. Al pari delle botte ai seggi, ho trovato questi arresti una forma di repressione orribile, ma non inutile. Sarà utile al movimento indipendentista che troverà nuovi sostenitori e, rafforzato da questa ondata di indignazione, ha le carte in regola per poter raggiungere la maggioranza dei voti. A quel punto le nostre opinioni non varranno nulla, di fronte alla volontà maggioritaria espressa democraticamente da un popolo. Che sia per l’indipendenza dalla Spagna, che sia per restare con la Spagna.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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