Per la prima volta in vita mia, quest’anno ho partecipato ad alcune gare podistiche. Quando l’organizzazione ha pubblicato le classifica, la mia prima preoccupazione è stata di vedere quanti concorrenti fossero arrivati al traguardo dopo di me e non quanti mi avessero preceduto. So bene di essere un fondista men che mediocre e ho partecipato alle due gare per il puro gusto sportivo di esserci, però devo ammettere che arrivare ultimo sarebbe stato un colpo all’orgoglio. Tutto sommato, pensavo scorrendo la classifica, l’anno scorso ho corso a piedi per un migliaio di chilometri e mi sono allenato con una certa disciplina. E così sapere che qualcuno ci ha messo più di me per coprire le distanze mi ha in qualche modo sollevato. Non volevo essere ultimo. Volevo poter guardare qualcun altro dall’alto di un risultato migliore.
Qualche giorno fa, confrontandomi con altri componenti di questa redazione, abbiamo convenuto che l’irresistibile ascesa di Matteo Salvini sia anche dovuta alla grande popolarità che questo politico sta conquistando tra coloro che hanno una condizione sociale meno fortunata. Non solo la piccola borghesia del nord, protezionista e conservatrice, non solo il classico sostenitore della superiorità della razza, ma anche gente che dai postulati del pensiero leghista dovrebbe sentirsi colpita. Ci sono badanti arrivate dai paesi dell’est che stravedono per Salvini e disprezzano i migranti, disoccupati cronici con impieghi saltuari che stravedono per Salvini e disprezzano i migranti, io stesso conosco una giovane rumena che stravede per Salvini e disprezza i migranti: è arrivata in Italia grazie al compagno (italiano) di quarant’anni più anziano e da questi è stata strappata alla miseria. Insomma, quelli che sembravano essere i bersagli della politica di Salvini oggi adorano Salvini. Perché? La spiegazione che io mi sono dato mi riconduce alla mia soddisfazione per non essere arrivato ultimo nelle gare a piedi.
C’è gente che è sempre stata convinta di essere ultima e, invece, ha saputo da Salvini di non esserlo. Per quanto disgraziata possa essere la condizione esistenziale e professionale di una persona, c’è sempre qualcuno che sta peggio e che possiamo guardare dall’alto in basso di una classifica sociale migliore.
L’ultimo, quello che nessuno vuole essere, è il migrante senza lavoro né fissa dimora.
Essendo diventato lui il parametro della miseria, tutti gli altri si sentono tutto sommato privilegiati, un gradino sopra, titolari di una condizione civile da difendere da chi, correndoti dietro, te la vuole strappare. Ti vuole strappare lavoro, sussidi, sicurezza, salute, secondo la narrazione neorazzista. Per chi ha sempre pensato di dover inseguire tutti, sapere di essere inseguito da chi lo considera più fortunato dev’essere entusiasmante, può restituire un nuovo senso alla vita.
Avere qualcosa da difendere, finalmente!
Dev’essere entusiasmante sentirsi invidiati, pur avendo poco, da chi non ha niente. Non so quanto consapevolmente, ma Salvini ha innescato questa rimodulazione della classifica sociale – solo psicologica, sia chiaro – e ha istituzionalizzato il diritto di umiliare chi consideriamo più in basso di noi. Salvini si è imposto come colui che vuole difendere quel minimo di certezze da chi – brutto, sporco e cattivo – minaccia di raggiungerci e sopravanzarci. Questi inseguitori vanno sgambettati, respinti, squalificati perché non sono degni di competere tra noi per cultura, religione, abitudini. Il migrante, in questo senso, è un efficacissimo strumento politico. Ultimo è e ultimo deve restare, nella corsa della vita, affinché tutti noi ci si possa sentire sicuri di non essere ultimi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
3 ottobre 2013: la strage di Lampedusa (di Giampaolo Cassitta)
Il prete e il povero (di Cosimo Filigheddu)
Una modesta proposta (di Cosimo Filigheddu)
La mia ora di libertà (di Giampaolo Cassitta)
A vent’anni si è stupidi davvero. A 80 no. (di giampaolo Cassitta)
La musica ai tempi del corona virus: innocenti evasioni per l’anno che verrà. (di Giampaolo Cassitta)
Guarderò Sanremo. E allora? (di Giampaolo Cassitta)
Quel gran genio di Lucio Battisti (di Giampaolo Cassitta)
Capri d’agosto (di Roberta Pietrasanta)
Il caporalato, il caporale e i protettori (di Mimmia Fresu)
Marshmallow alla dopamina (di Rossella Dettori)
377 paesi vivibili (di Roberto Virdis)
Per i capelli che portiam (di Mimmia Fresu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.708 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design