La domanda più in voga del momento è: chi è davvero Fedez?La mia risposta è: per una volta, anziché sul mittente, non ci si potrebbe concentrare sul messaggio scaraventato sul muso dell’Italia più bigotta, chiusa e illiberale?
Mentre divampava l’indignazione per il presunto tentativo di censura, in rete sono iniziati a fioccare ambigue tracce sul passato di Fedez: emerge il profilo di un giovanotto molto diverso da quel che lascerebbero intendere le parole pronunciate sul palco della Festa del Lavoro.
Io non so se Fedez sia o meno una brava persona. Ma questo vale per tutti i personaggi famosi del nostro tempo, forse di sempre. La loro immagine pubblica è spesso molto distante da quel che invece raccontano gli intimi, quelli che ci hanno a che fare ogni giorno, che curano i loro interessi e per loro fanno la fila alle poste.
Anche a me è capitato di avere tra gli idoli professionali un certo giornalista e poi di aver maledetto il giorno in cui lo avevo conosciuto, dopo averlo frequentato e aver capito che era esattamente l’opposto di ciò che voleva far credere.
Ma a me, in questo caso, non importa chi sia Fedez. E non me n’è mai importato granché, non avendo mai trovato nulla di accattivante nel suo profilo artistico e trovando invece mortalmente noiose le passerelle su Instagram della sua fidanzata.
Ma Fedez stavolta c’entra poco. Non m’importa del suo passato, delle sciocchezze che possa aver detto, delle sue possibili villanie.
Non mi interessano gli esercizi di stile e le interpretazioni infarcite di citazioni degli intellettuali con la puzza sotto al naso, che dopo aver pensato per una vita di sapere tutto non capiscono come mai un ragazzino tatuato sia potuto diventare famoso e influente.
M’intristiscono le letture diffidenti di chi pensa che quelle parole siano solo il frutto di un preciso piano propagandistico e, in fondo, di natura commerciale.
Sono tutti dubbi legittimi, per carità.
A me importa che, in un periodo in cui i giovani sono disorientati tra mille sollecitazioni diverse e contrastanti, uno dei loro modelli di riferimento abbia sposato una battaglia giusta, sacrosanta, irrinunciabile.
In questo Paese in cui si discute di tutto e spesso di perde il filo del discorso, sembra quasi che il problema sia la Lamborghini di Fedez e non la schifosa sottocultura del figlio gay nel forno. Nel neppure tanto remoto passato italiano abbiamo avuto influencer che ubriacavano le folle indicando loro il dovere della guerra.
Erano messaggi sbagliati, messaggi di morte.
Quello di Fedez è un messaggio giusto, un messaggio d’amore.
Non mi serve sapere altro.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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