Questa frase l’avrete sentita molte volte, pronunciata da quell’impareggiabile Luca Zingaretti nelle vesti dell’altrettanto impareggiabile personaggio di Camilleri, il “Comissario Montalbano” della fortunata serie sia pubblicata che televisiva.
Non mi fa persuaso.
A me torna in mente come un tormentone, tutte le volte che sento, o leggo, di una Sardegna che potrebbe “vivere di turismo”. Un pensiero, quest’ultimo, accompagnato spesso dalle motivazioni più variopinte, dalle più romantiche immaginazioni, figlie di un patrimonio innegabile di paesaggi incantevoli e di posti (ancora) mozzafiato, di un patrimonio storico/artistico/archeologico immenso, di località globalmente rinomate dove, effettivamente, il turismo porta anche molti soldini. Di un POR (Programma Operativo Regionale) che prometteva record di entrate e di presenze ma che di segni meno ne ha collezionati parecchi. Peccato solo che, di questi soldini, la parte che rimane nell’isola, arricchendola un po’, la si può tranquillamente definire “residuale”, insomma, di questo turismo, alla fine, ai sardi, alla maggior parte di loro, non restano che le briciole e ne restano sempre meno, a vedere i numeri di presenze e permanenze di questi ultimi anni, numeri che vanno sempre più giù e che non sono mai stati, nemmeno negli anni migliori, nemmeno vicini a farci pensare che di turismo potesse davvero vivere tutta l’isola.
Tutte belle ragioni, quindi, ma fondamentalmente inefficaci a “rendermi persuaso”.
In compenso, ad aumentare senza apprezzabili differenze fra picchi e cali di presenze, sono i disagi e i pericoli che si vivono, specie in estate, fra strade urbane ed extraurbane, spiaggie, uffici pubblici e pubblici ospedali, centri ricettivi e/o commerciali e passeggiate mondane spesso stracolmi oltre il sostenibile di traffico e di persone.
Per avere un idea chiara e fondata, bisogna andare a studiarsi un po’ di dati, quelli reali, veri ed inconfutabili. Uno studio sugli effetti di quel POR (https://www.regione.sardegna.it/documenti/1_13_20051221095028.pdf), prodotto dalla R.A.S. attraverso l’ISRI (Istituto di Studi sulle Relazioni Industriali) nel 2005 ne offre davvero parecchi, utilissimi per comprendere, e spero una volta per tutte, che, questa del “turismo che ci sfamerà tutti”, è una cosa che supera di molto la più surreale utopia.
La voce “Turismo” in Sardegna non ha portato mai oltre il circa 7% del valore aggiunto regionale, in termini assoluti, ma se andiamo a spulciare quella cifra, escludendone la parte che riguarda la gestione extraregionale di molte delle strutture ricettive e dei punti servizi o vendita sparsi per tutto il territorio, quel dato scende un bel po’. Scende ancora di più se da esso estrapoliamo le cifre che i sardi spendono fuori dall’isola, in continente o all’estero, che parlano di numeri pari a circa un terzo di quelle entrate. A fronte di 1,7 miliardi di entrate (spesa turistica), spendiamo fuori quasi 650 milioni. Ma i turisti sono circa 12 milioni all’anno, mentre i sardi che lasciano l’isola per vacanza o per lavoro sono molti meno del milione e seicentomila totali.
L’altro dato che mi colpisce ogni volta che lo leggo, è che da quelle cifre riguardanti la spesa turistica si evinca come, regioni che di turisti in queste quantità se li sognano, traggano dal numero di presenze turistiche nell’isola benfici economici maggiori di quanti non ne traggano i produttori sardi, perché il turista non compra “solo sardo”, tutto questo mi fa pensare che se solo fossimo più capaci a produrre e commercializzare i nostri prodotti, potremmo fare anche noi come fanno le altre regioni, venderli comodamente cioè al turista in vacanza non a Villasimius, ma a Cortina o a Cefalù, invece non siamo buoni a venderli nemmeno qua, in casa nostra, ed anzi, spesso in posti dove dovremmo trovare i prodotti più autoctoni, tipo certi agriturismi o B&B, troviamo invece marchi e manifatture “d’altre sponde”.
In Sardegna, quindi, si può vivere anche di turismo, ma non solo ed essenzialmente di quello, per questo mi batto, da sempre, affinchè non venga sprecato altro territorio, non vengano stravolti luoghi e paesaggi in nome di una chimera irrealizzabile, perché quel numero di turisti è in decisa discesa di pari passo con l’economia di molti cittadini europei e non, ed il trend non è destinato a cambiare certo nel breve. Perché arrivino su quest’isola sempre più viaggiatori in un arco temporale più lungo di una singola “mezza stagione” e sempre meno turisti intruppati e spremuti da altri in pochi giorni. Perché ci si impegni in piani programmatici che vedano economie come quella agropastorale e manifatturiera, quella culturale, riprendere quota e mercato anzi che il numero di case, di hotels e di turisti che, come i dati ci raccontano, ci stanno impoverendo molto più di quanto, in pochi, non si arricchiscano.
Questo non vuol dire assolutamente che il turismo vada accantonato, ma se non si riesce a riempire le strutture esistenti per oltre 15/30 giorni all’anno qualche problema dovremmo pur mettercelo, anche a salvaguardia di chi, nel settore, già opera e vive. [gavin®icci]
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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