E’ inutile. La guerra, per noi, è un’immensa partita di calcio dove si fa il tifo a seconda delle circostanze e si è felici solo per i gol segnati. Non ci piace la tattica e le varie mosse sulle scacchiere, ci interessa il risultato: vincere a prescindere. E quando ciò accade, oltre ad esserne entusiasti vogliamo farlo sapere all’universo mondo. Questo è il crinale intrapreso da alcuni quotidiani nazionali “La repubblica” in testa che oggi, domenica 11 settembre, titola a 9 colonne (con tanto di foto gigantesca) “Disfatta russa”. E’ una semplificazione di una storia terribilmente seria ma serve, soprattutto, per la tifoseria tiepida, quella ormai estenuata dai vari passaggi a centrocampo, quelle annoiata di non vedere un assist decente, un gol. Ci pensa Repubblica a gioire per quella “vittorietta” con un gol di scarto e farla passare come una disfatta per la squadra avversaria. Subito ritornano cinque pagine in apertura del giornale, subito tutto si modifica e quella partita tra Russia e Ucraina ormai destinata alle pagine molto interne (al massimo due) rientra prepotentemente nella narrazione del quotidiano: Putin è alle corde, Putin ha sbagliato tutto, compresi i cambi del secondo tempo. Mischiamo così bene il calcio con la guerra che il generale Sirsky, regista della squadra di Zelensky, diventa il Baggio de noantri, lo Zidane tutto guerra e fantasia, il Messi bravo a risolvere la partita con un solo tocco. Non mi sono mai occupato della guerra in termini tecnici (non sono bravo e non mi appassiona) ma a me sembra, vista dal pulpito della mia ignoranza, (nel senso che ignoro molte cose) che La Repubblica abbia frainteso l’atto del contendere: siamo solo (purtroppo in questo caso) alle fasi iniziali dei giorni di Champions e non alla finale. La disfatta russa magari arriverà (e saranno gli storici e non i titolisti a certificarla) ma mancano ancora molti passaggi, molti gol e molte partite. E quella del gas non mi sembra che l’Europa la sita vincendo. Per dire.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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