Il nuovo presidente del Consiglio regionale della Sardegna, ritenendo “divisiva” la celebrazione, aveva lasciato intendere di non voler partecipare al corteo del 25 aprile. Ha poi cambiato idea, ma cambia poco la sostanza. È come dire che un processo non può essere celebrato perché in ciascuna controversia c’è sempre chi sta dalla parte degli accusatori e chi dalla parte degli accusati. È come dire che il Parlamento debba astenersi dalle sue mansioni, ogni volta che un provvedimento susciti contrapposizioni molto forti, come spesso avviene.
È degradante dover ripetere che la nostra è una repubblica nata dal rifiuto degli orrori del fascismo, orrori che ogni società civile ha il dovere di ripudiare.
Èd è sempre più difficile spiegare quanto certe omissioni possano essere gravi, in tempi in cui si viene insultati (come è accaduto al nostro Giampaolo Cassitta) se solo si fa notare l’abominio di un ministro dell’Interno che si fa fotografare mentre impugna un mitra e lascia che il suo spin doctor sottolinei quella posa con parole minacciose. Abbiamo sempre più difficoltà a leggere un testo e a cogliere il non detto.
Io non posso ritenermi rappresentato da un’istituzione che, a sua volta, non riconosce del tutto i valori dell’antifascismo. Il presidente del Consiglio regionale, per quanto democraticamente eletto, non mi rappresenta. Non mi rappresenta chiunque, tra gli uomini delle Istituzioni, mantenga un atteggiamento equivoco su questo snodo fondamentale della nostra storia.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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