“Ne vuole?” “No, grazie. Poi le spiego il perché…”. Il treno mi ingoia a Portici e mi risputa a Poggiomarino. Ho mezz’ora prima della coincidenza. Mezz’ora, per chi si sveglia alle cinque del mattino essendo andata a letto alle due. Mezz’ora per chi ha spiegato e interrogato per quattro ore di seguito, ricevuto i genitori nell’ora libera, fatto i miracoli con figli e madri, perché se maggio è l’ultimo mese di scuola ed è pure il mese della Madonna un motivo ci sarà. Mezz’ora per chi prenderà la coincidenza non per tornare a casa ma per dirigersi verso un’altra scuola, che non è la seconda delle due su cui si divide quest’anno senza giorno libero, ma è un’altra ancora, quella presso la quale seguirà un corso di formazione di ore tre per onorare l’assunzione in ruolo grazie a zio Matthew. Mezz’ora per chi non ha mangiato né fatto pipì… Mezz’ora è la vita. Vi avrei mandato il cervello a puttane, avrei spento il cellulare, avrei comprato la mia sesta bottiglina d’acqua, avrei scambiato una chiacchiera vuota, in un italiano approssimativo ma ricreativo col barista senza denti che ci prova sempre a farmi il complimento e a intortarmi sul resto. Avrei, appunto. “Mi deve scusare -esordisce- ma lei avrà pensato che, rifiutando, sono stato scortese. Se ha un po’ di tempo le spiego tutto in mezz’ora”. Io ho esattamente mezz’ora e lui lo sa, perché lui ci lavora sui treni. Io, poi, sono anche una personcina a modo, gentile e predisposta all’ascolto. Poi, alle quindici del pomeriggio parto con un grande svantaggio: ho solitamente già esaurito la confezione da dodici di ‘vaffanculo’. Insomma, mi si prende per sfinimento e inopia. “Lei deve sapere che ci sono quattro cose”. È la fine, penso. Ha detto quattro. Cioè, mi elencherà quattro cose quattro e non c’è neppure la speranza che faccia come quegli alunni che, nell’enumerazione dei casi latini, se ne scordano sempre un paio. No no, questo qui qualcosa mi dice che li toccherà tutti e quattro i suoi punti. “Il latte, e quando dico latte intendo tutti i suoi derivati. Pericolosissimo. Ci hanno sempre abituati all’idea del calcio, l’osteoporosi e cose così. Il latte la fa venire l’osteoporosi. E pure il cancro. Le carni, e quando dico carni intendo tutte le carni, le rosse, le bianche, le volatili, le marine. Pericolosissime. Fanno venire il cancro. Lo zucchero, uno dice prendi lo zucchero se ti gira la testa. Pericolosissimo. Lo zucchero raffinato fa malissimo. Pericolosissime tutte le bibite che lo contengono, specie quelle senza zucchero. Si è mai chiesta perché sono dolci lo stesso?”. Ho paura di chiederglielo. Non ce n’era bisogno. La sua era una domanda retorica, ha già pronti undici minuti di risposta e io sto espiando tutti gli anni di domande retoriche e non, poste ai miei alunni in anni undici di insegnamento. “Il sale. Pericolosissimo. Va eliminato e usato quello rosa dell’Himalaya. Insomma, tutto quello che esce dalle industrie, tutti i prodotti confezionati, tutto quello che c’è in un qualunque supermercato va eliminato. Anche il pane, la pizza, la farina 00. Tutto”. Ha finito. Sono salva. Eppure scatta qualcosa, credo lo stesso meccanismo che porta certi alunni, durante un’interrogazione, a menzionare da soli argomenti di cui ignorano tutto e a buttarsi la zappa sui piedi da soli. Idem. Uè, non mi viene di chiedergli se sia vegano? Che culo, il treno porta anche un leggero ritardo… ‘Nu Tuc, gli avevo offerto un semplice Tuc preso al distributore di scuola che ci vuole tutti morti.
(Vesuviana, giorni fa, “Per non dimenticare”)
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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