Un uomo che si riempie di esplosivo e si fa saltare in aria in un luogo affollato è un balordo, un vigliacco, un bastardo, un folle, uno che crede di poter vendicare chissà cosa e chissà che ai danni di gente comune, a costo della sua stessa vita.
Io non lo so se i nostri sforzi d’indagine e di comprensione per spiegare la follia di menti così cieche possa portarci a qualche conclusione. C’è gente che continuerà a credere alle frottole più fantasiose, anche di poter ottenere qualcosa per sé o per il mondo schiantandosi contro un grattacielo dopo aver dirottato un aereo, oppure disintegrandosi in un mercato o una piazza. Occorre troncare sul nascere ogni tentativo di giustificazione, perché purtroppo c’è anche chi per questa follia simpatizza. La vita umana è il bene supremo è intangibile, mettiamoci d’accordo su questo punto. Dal rispetto per la vita umana parte tutto e tutto il resto viene dopo.
Archiviata questa premessa, allo stesso giudizio sul disprezzo criminale della vita umana andrebbero sottoposti coloro che decidono di andare a bombardare luoghi lontani, da qualche parte del planisfero ad oriente, cercando di far credere che con le bombe si possa debellare il terrorismo. Sarò troppo parlare di disprezzo per la vita umana? No, non lo è, se le prove per dichiarare una guerra sono palesemente false e se la loro falsità è comprovata, eppure le si usa per imbonire il mondo e convincerlo che sganciare bombe da qualche parte ad Oriente ci restituirà la sicurezza.
La storia che ricostruisco (e coinvolge anche l’Italia) è vecchia di una quindicina d’anni e in molti la conoscono, ma ogni tanto occorre una rinfrescata. Serve a ricordare oltre ogni ragionevole dubbio come certe guerre scatenate dall’Occidente non c’entrino un fico secco col terrorismo e la sicurezza ma servano a perseguire altri interessi. Non so precisamente quali, ma certo altri interessi.
Torniamo indietro a prima del 20 marzo 2003, data in cui gli Usa lanciano la seconda offensiva contro l’Iraq. Presidente è George Bush junior, figlio di George Bush senior, sotto la cui presidenza partì la prima guerra del Golfo contro Saddam Hussein. Vicepresidente di Bush figlio è Dick Cheney, che era segretario della Difesa con Bush padre. La seconda guerra in Iraq ha fatto 40 mila morti tra gli iracheni e tremila tra gli americani, ma il conteggio comprende solo le vittime militari: i civili uccisi sono stati centinaia di migliaia. Va anche ricordato che l’Iraq non era affatto uno Stato fondamentalista islamico: Tareq Aziz, il vice di Saddam, era cristiano.
Il Niger (non è la Nigeria: è il Niger) è un paese dell’Africa centrale di cui molti di noi non conoscevano l’esistenza fino all’apparizione del caso Nigergate, su cui trovate documentatissime inchieste negli archivi di Repubblica firmate dal povero Giuseppe D’Avanzo. Il caso Nigergate è anche il soggetto del film Fair Game, interpretato da Sean Penn e Naomi Watts: Penn impersona l’ambasciatore americano in Iraq Joe Wilson, che lavorò anche in Niger, la Watts è Valerie Plame, agente Cia e moglie di Wilson. Dissemino queste tracce affinché chi non conosce questo caso abbia sufficienti elementi per sviluppare una sua idea sui fatti.
Bene, subito dopo l’11 settembre 2001 arriva ai servizi segreti inglesi un ponderoso fascicolo che vorrebbe dimostrare l’acquisto, da parte del regime di Saddam, di tubi di uranio giallo, il cosiddetto Yellowcake. Sarebbe la prova della costruzione di armi di distruzione di massa in Iraq, la famosa pistola fumante che gli Usa e gli ispettori Onu cercarono vanamente per mesi. Cheney chiede alla Cia di indagare e in Niger viene spedito l’ambasciatore Wilson. Quando torna, Wilson non può fare altro che smontare le tesi del dossier, ritenendole del tutto false. Quel fascicolo avrebbe avuto un percorso tortuoso, arrivando alla Casa Bianca dall’Inghilterra, che lo avrebbe a sua volta acquistato da un ex agente del Sid, il servizio informazioni difesa dell’Italia. L’autore del falso si chiama Rocco Martino.
Incredibilmente, però, la relazione di Wilson non viene tenuta in considerazione e, anzi, inizia la sua campagna di delegittimazione pubblica: sul New York Times e sul Washington post viene rivelato che Valerie Plame, la moglie di Wilson, è un agente segreto della Cia e sarebbe stata proprio lei a spedire in Niger il marito. Mesi dopo, si saprà che le informazioni ai giornalisti – in particolare Judith Miller del NYT – erano state fornite da Lewis Libby e Karl Rove, rispettivamente capo di gabinetto di Cheney e consigliere politico di Bush. A diffondere informazioni sottobanco ci pensa anche un funzionario del ministero della difesa inglese, David Kelly. Il quale, nel luglio del 2003, viene trovato morto, ufficialmente suicida. Mentre l’opinione pubblica si indigna per un ex ambasciatore inviato in missione dalla moglie – circostanza del tutto falsa – la storia dell’uranio giallo acquistato dall’Iraq in America diventa verità, pur essendo una balla gigantesca. Nel gennaio del 2003, Bush ne parla espressamente nel discorso pubblico sullo Stato dell’Unione. A marzo le truppe americane iniziano a bombardare Baghdad.
E quando, due anni dopo, la montatura finisce al centro di un processo, Saddam è stato ormai catturato, il regime rovesciato e l’Iraq è sotto il controllo americano. E anche se sembra impossibile, tredici anni dopo sappiamo che questa guerra che ha fatto decine di migliaia di morti è nata da un dossier patacca, un falso grossolano spacciato all’opinione pubblica per vero. Abbiamo anche scoperto che, pur neutralizzando lo Stato canaglia e giustiziandone il dittatore, il terrorismo islamico in Europa è più forte che mai. Semplicemente perché non c’entravano nulla l’uno con l’altro. Certo però hanno contribuito a fomentare odio verso l’occidente. Benzina per squilibrati, cui basta nulla per riempirsi le tasche d’esplosivo credendo di vendicare con sangue innocente la follia dei padroni del mondo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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