Leggiti un po’ di roba statistica sulla composizione del voto nazionale e sardo e chiediti perché Nicola Sanna ci tenga tanto a ricandidarsi come sindaco di Sassari. E chiediti anche perché quelli del suo Pd ai quali sta sulle palle si incazzino tanto per questa sua fuga verso un traguardo che meno sicuro non si può. Chieditelo tu e non aspettarti risposte da me perché di stupidaggini improntate a rancori e simpatie, a raccolte premio di like (se titolassi questo articoletto “Le piste ciclabili fanno cagare” otterrei tsunami di letture e consensi) o ad analisi cervellotiche che nascondono in realtà una delle prime due opzioni se ne possono dire parecchie. Ma esplorare bene e descrivere altrettanto bene le stanze sotterranee di quel nido di vipere che è diventato il Pd sardo-sassarese è cosa impossibile anche a chi ci abita. Figuriamoci a un osservatore. Nido di vipere? Chiederanno indignati. Noi abbiamo i congressi, noi abbiamo la vita pubblica di un vero partito e non come altri. Però poi si sa che ci sono le mainstream, che lo dico in pietoso inglese ma la traduzione letterale è correnti che contano, che dominano. E non parlo di correnti di pensiero, ma di persone, gruppi veri e propri di potere. E questo essere identificati con un potere fine a se stesso e non a rendere la vita di tutti più bella è ciò che ha fregato il Pd qui e altrove. Guardo un sondaggio Swg del Messaggero e vedo che il 32 per cento degli elettori 5Stelle vuole un’alleanza di governo con la Lega e il 28 con il Pd; un altro 28 con nessuno. Tutto fa pensare che le stesse proporzioni si riflettano nel voto sardo. Con buona pace di chi identifica nel M5S trionfalmente una “nuova sinistra”. Lo stesso sondaggio dice che il 61 per cento degli elettori rimasti al Pd non vorrebbe accordi con i 5Stelle. C’è però da aggiungere che un’analisi dell’Istituto Noto riportata dal Fatto Quotidiano dice che il 59 per cento dei pd questo accordo anzi lo auspicherebbe, dato confermato, come tendenza della base del Pd, da Youtrend. Poi sul sito dell’Istituto Cattaneo trovo l’analisi del voto sardo e scopro che il Pd ha avuto da noi il secondo più notevole crollo tra tutte le regioni italiane. Ecco, in un’Italia che comunque vuole andare a destra e della quale fanno parte una Sardegna e una Sassari decisamente inserite in questa tendenza, mi chiedo di nuovo che cosa gliene fotta al Pd se Nicola Sanna vuole andare a sbattere la testa. E perché lui si intestardisca a farlo. Se senti certe reazioni, neppure troppo riservate, nel suo partito all’autocandidatura, sembra che si stia parlando del problema centrale. Dopo la premessa “ora bisogna mettere da parte le divisioni interne ma” – che sembra il noto “io non sono razzista ma” – cominciano a scaricare tanta di quella merda sul loro compagno di partito che sembra che la sconfitta di domenica scorsa sia colpa sua, anche per quanto riguarda i dati della Calabria e della Liguria. Qualche giorno prima delle elezioni sono andato ad assistere a una convention, peraltro affollatissima, con Gianfranco Ganau e Silvio Lai. L’organizzatore era Giacomo Spissu. Insomma, tutte persone nelle quali molto elettorato ha identificato quel “potere fine a se stesso” di cui si parlava, ma senz’altro uomini che di politica vera se ne intendono. C’era aria bassa, la sconfitta era palpabile, una convention più che altro per farsi coraggio. Nelle chiacchiere delle ultime file si parlava così. Ma anche in qualche interessante intervento ufficiale il fantasma della sconfitta si è materializzato in analisi sui motivi della futura debacle, sui rischi sociali e le colpe della sinistra che scompare. Insomma, c’era gente che non diceva stupidaggini. Ma, escludendo i protagonisti principali che certo non si confidavano con il primo venuto, se andavi in giro tra molti di questi pd sassaresi a chiedere del ruolo del sindaco era meglio se ti tappavi le orecchie. Dopo i discorsi cupi della nespola imminente, riprendevano vigore a parlare male di Nicola Sanna, con toni da anti pista ciclabile, più duri dei 5Stelle che un giorno sì e l’altro pure ne chiedono le dimissioni. Un rancore dalle radici non so quanto antiche e profonde, ma senz’altro sotterranee, come tutte le radici. E allora, prima di tutto: perché Nicola Sanna vuole ricandidarsi nonostante ogni cosa faccia pensare che nelle amministrative del 2019 il candidato del Pd dopo il primo turno la notte aspetterà tranquillo a casa sua, davanti al pc o alla tv, i risultati del ballottaggio tra Nanni Campus, possibile candidato della destra, e l’aspirante primo sindaco scelto dai 5 Stelle? Una cosa è certa. Le voci che parlavano nei mesi scorsi di accordi tra Sanna e i suoi nemici interni al partito per una ricandidatura, erano fasulli. Si diceva che alla fine l’aveva spuntata, anche perché le correnti dominanti del pd già da allora pensavano che non si sarebbe vinto e tanto valeva approfittare della irresistibile voglia di restare del sindaco per coltivare con lui buoni rapporti in un residuo di mandato nel quale comunque si potevano condividere importanti scelte a esempio di carattere urbanistico. Tutte balle. O almeno, adesso non è più vero, perché la frattura appare netta. Ne è un esempio la propaggine dell’ultimo rimpasto di giunta della estenuante serie provocata da questa lotta interna. Cioè l’assessora alla Cultura che la corrente di Silvio Lai ancora non si decide a sbloccare, costringendo Sanna un interim tutt’altro che gradito. Corre anzi voce che la cosa abbia fatto tanto incazzare il sindaco che secondo come gli gira da un momento all’altro potrebbe inventarsi una nomina tecnica, un’esponente (con l’apostrofo) magari del mondo dello spettacolo fuori da ogni logica di partito e talmente indipendente da non prendere supinamente ordini neppure da lui. Ma Sanna pensa di vincere? Senz’altro ha voglia di capeggiare la sfida contro 5Stelle e destra. E senz’altro ha voglia di sfidare le correnti maggioritarie del suo partito. Sa di essere in campo come sindaco, comunque vadano le cose. E’ cosciente del fatto che esasperare l’odio maturato nelle sconfitte del 2014 e di domenica scorsa, mai assorbito, sarebbe pericoloso. Vuole vincere perché si sente diverso da quella maggioranza che lui vede quale responsabile delle sconfitte; da come parla in giro ti accorgi che ritiene di avere forza personale e politica sufficiente per non piegarsi ai capricci dell’apparato. Non vuole accettare veti, fosse l’ultima scelta della sua carriera non soltanto amministrativa ma anche politica. E’ una strana figura politica, quella di Sanna. Si è affermato alle primarie e alle elezioni come antipartito ed è culturalmente uno di radicata formazione partitica. Viene dal Pci e dei vecchi comunisti ha eredito un concetto di lealtà verso il partito che più che politico è esistenziale. Chissà quanto gli è costata, a esempio, la sua delusione nei confronti di Renzi: quando ha ritenuto, e lo diceva anche negli appuntamenti assembleari, che la rottamazione di una classe dirigente datata, operazione che in qualche modo Sanna aveva tentato di ripetere a Sassari, stava diventando rottamazione di idee della sinistra ed esercizio di potere senza fini di riforme sociali. E quindi ha votato contro Renzi, prima per Cuperlo poi per Orlando. Ma è stato probabilmente per questa sua incapacità di fondo di rompere del tutto con una maggioranza che alla fine identificava con il partito che si è trovato in questa situazione disperata. A fregarlo è stata infatti la decisione di accettare il primo rimpasto che gli venne imposto. Se si fosse dimesso, riportando Sassari al voto, Sanna avrebbe potuto ancora godere di quell’allure di antipartito che probabilmente gli avrebbe permesso di vincere un’altra volta e di diventare intoccabile sino alla fine del mandato. Ma accettando platealmente la logica dei cazzi interni del Pd che si riflettono sull’operato dell’amministrazione – il peggio del peggio per l’elettorato post seconda repubblica – ha perso la sua immagine di uomo nuovo, è stato identificato con l’apparato e per di più in una sua corrente debole, visto che un giorno sì e l’altro pure veniva messo in minoranza e costretto a nuovi rimpasti. Se si esamina freddamente la sua attività amministrativa, ci si accorge che le critiche contro di lui sono in gran arte immotivate. Non è stato Oreste Pieroni (sarebbe il sindaco che ha fatto Platamona, mito sassarese del “più grande sindaco” che come molti miti probabilmente è solo un mito), ma non è stato neppure quel mostro che il suo partito e numerosissimi hater dei social dipingono. Comprese le piste ciclabili. Non so neppure dove troverà gli alleati in questa avventura del 2019. Non troppi dentro il partito, penso. Forse si è dissolto anche il gruppo che lo aveva sostenuto alle primarie.Si racconta una storia, di quei tempi. Si parla di una misteriosa riunione nello studio di un importante e bravo intellettuale della sinistra sarda e nazionale, noto anche per il suo rigore etico. Si avvicinavano le comunali e si cercava un’alleanza interna al Pd che scardinasse certe logiche di potere interne e la stessa immagine perdente che il Pd stava assumendo nei confronti della gente. Un’analisi generale arguta, preveggente, un discorso che ora dopo la serie di tracolli appare scontata, ma allora fortemente innovativa. Si dice che Nicola Sanna facesse parte di quel gruppo di innovatori ma che avesse in qualche modo anticipato un discorso in formazione che doveva portare alla scelta di un candidato proponendosi subito lui stesso, pubblicamente, come sfidante dell’apparato nelle primarie. E così, in fretta e furia, gli si dovette cucire addosso il costume dell’antipartito, vittorioso alle primarie e alle elezioni, ma non del tutto rispondente al contenuto. E ora? Io penso che il Pd lo candiderà soltanto se avrà l’intima ma matematica certezza di perdere. Magari contando di riprendere, in cambio, i buoni rapporti di fine mandato per partecipare a qualche importante scelta amministrativa. Ma se ci sarà qualche speranza di unire il realistico 18 per cento del Pd sassarese a qualche altro pezzo di sinistra e di centro sinistra sino a partecipare a un eventuale ballottaggio, credo che la maggioranza del partito non candiderà Nicola Sanna, forse sbagliando, perché non ricandidare un sindaco uscente non ha mai pagato. Anzi. Potrà seguire due strade, in questo caso. Rispondere alla sfida di Sanna con altrettanta protervia e candidare un esponente dell’apparato. Oppure cercare un esterno al partito, un rappresentante di questa ipotetica alleanza di sinistra che ora è troppo presto per definire. E Sanna? Se lo conosco abbastanza, questa volta non si rassegnerà. Penso che stuprando per la prima volta la sua intima disciplina di uomo di partito, si candiderà anche contro il suo partito.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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