Di sicuro il New Yorker mette il problema di sguincio, almeno dal nostro punto di vista. Si chiede perché abbiamo tanti monumenti di epoca fascista: in una generale e un po’ generica identificazione tra monumenti, toponomastica, architettura e urbanistica, categorie che non sempre collimano. E cita a buon esempio i bravi francesi che hanno cancellato da tutte le loro strade il nome del maresciallo Pétain. Ora io penso che paragonare i quattro anni di collaborazionismo con i tedeschi da parte di un vecchio militare, che non si sa bene se sia stato più traditore o vittima, al Fascismo italiano sia quanto meno un po’ azzardato. Petain è stata una pur brutta ma rapida meteora nel Novecento francese, non da dimenticare ma più facile da vedere sbiadire sin quasi a cancellarla. E ci mancherebbe che si intitolassero delle vie o piazze a un uomo condannato per tradimento della sua patria. Ma il Fascismo italiano non è stata una meteora. E’ vero che vent’anni nella storia sono ben poca cosa, ma quei vent’anni sono stati quanto di più nel male abbia caratterizzato la nostra patria da quando si è costituita come stato unitario. Forse perché è stato l’espressione di qualcosa che già esisteva prima del 1922 e che dopo il 1943 e il 1945 ha continuato a esistere. Fare i conti con Mussolini è un po’ più complicato che farli con un arnese come Petain. Il Fascismo, nel suo totale impossessamento dell’Italia (“regime totalitario” non è una locuzione priva di significato) e nel pressoché totale consenso di cui ha goduto per quasi tutta la sua durata, ha informato di sé l’Italia anche di cose che cancellare sarebbe inutile, stupido e dannoso. E’ stato facile e doveroso rimuovere uomini e cose del Regime dalle targhe delle vie, eliminare i monumenti più retorici, evidenti, brutti e smaccatamente propagandistici di quei vent’anni. Ma non si può cancellare il Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur di Roma, che il docente americano di Storia Ruth Ben-Ghiat definisce sul New Yorker “a relic of abhorrent Fascist aggression”: reliquia di un’aberrante aggressione fascista . Quella all’Etiopia, che fu senz’altro una sanguinosa, vigliacca e aberrante aggressione. Ma c’è un solo italiano che la difenda perché quegli archi e quegli straordinari volumi dell’Eur in qualche modo la volevano celebrare? Non entro nel merito di Modernismo e Razionalismo e di come queste correnti architettoniche fossero espressioni mondiali che il Fascismo accettò e importò inglobandole appunto in un totalitarismo che assorbiva ideologizzando tutto ciò che era necessario prendere. Ma non è forse possibile destrutturare questi ex simboli e rimuovere i grotteschi significati originali di edifici e altre strutture che comunque sono diventati parte della nostra vita? E’ questo il Fascismo di cui abbiamo paura? A me sinceramente fanno più paura i Salvini, quelli di Casa Pound, i commenti sui social che inventano un’invasione nera e che vengono cavalcati anche da certa “sinistra” (questo, sì, un fatto vergognoso) per non perdere voti. Mi ricordo quando taluni tiepidi antifascisti sassaresi, alcuni anni fa, con atteggiamento da Matteotti redivivi chiesero di fondere i fasci littori dei parapetti del Ponte di Rosello. E la bravissima sindaca Anna Sanna, che in materia di antifascismo non aveva niente da imparare, rispose: “Non è quello il fascismo da rimuovere”. Aveva ragione. Io penso che non siamo stati abbastanza onesti da fare i conti con la nostra storia e che, se vogliamo parlare ancora di Etiopia, non abbiamo capito che ci siamo comportati da invasori e assassini quanto e peggio dei nazisti, per di più senza averne gli strumenti materiali. Ma penso anche che non faremo quei conti demolendo il palazzo dell’Eur o i parapetti del vecchio ponte di Sassari. Il mito modernista inventato da Mussolini negli anni Trenta in alternativa al bolscevismo e alla crisi del capitalismo ci appare giustamente ridicolo, anche se allora non faceva ridere: il richiamo alla storia romana, il ritorno della centralità italiana nelle vicende mondiali, la riconquista dell’impero, furono i fondamenti di un processo che portarono l’Italia a una rovina che a distanza di quasi ottant’anni ancora pesa. Ma se avessimo cancellato l’Eur o il Ponte di Rosello questo passato ora non ci apparirebbe più leggero ma forse soltanto più misteriosamente cupo.
(Nell’immagine, la facciata del palazzo romano di via Nazionale ristrutturata in stile modernista nel 1932, decennale della Marcia su Roma, per l’allestimento della “Mostra della rivoluzione fascista”
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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