Ora, io di Pasolini ho letto pochissimo e visto pochissimo. E anche di Muccino, diciamocelo. Non è che mi ponga il problema di decidere, proprio ora magari, chi dei due sia il più grande e abbia dato di più alla cultura del suo tempo e del nostro (che nel caso di Muccino coincidono, nel caso di Pasolini purtroppo no). Neanche posso dire che Muccino mi stia simpatico e Pasolini invece no. Però provo fastidio per quella certa pecoraggine che porta a lanciarsi -con l’impeto che solo le greggi possono avere- contro chi ossa discutere l’indiscutibile. A pensarci bene, Pasolini ci manca tanto proprio per la sua abitudine a lanciare sassi dove lo stagno è più tranquillo, e dove è possibile che più melma si muova sotto il peso del sasso. Muccino, sempre a pensarci bene, ha fatto questo: ha usato le sue conoscenze, i suoi strumenti (è pur sempre un regista di successo) e ha messo in discussione un dogma; non che Pasolini sapesse di essere un dogma o volesse esserlo: è sempre l’ecclesia, l’assemblea dei fedeli che cristallizza le idee in dogmi. Almeno in questo però, Pasolini, al di là dell’arte, al di là della cultura, sembra sia stato un esempio per Muccino più che per tanti altri. Mi torna sempre, quando ragiono di dogmi e della nobile salubrità del metterli in discussione, la domanda se tutto questo arrancare tra verità e domande sia di sinistra, se stia lì l’essenza del sentirsi e dell’essere sinistra. Credo di si, che ci sia qualcosa. Credo che non ci possa essere sinistra dove non ci sono la capacità, il coraggio e il gusto di mettere in discussione tutto, anche i padri, soprattutto, direi, i padri. Ecco, mi pesa tirare le somme. Mi peserebbe dover dire che Muccino sia un esempio lampante di cosa si debba intendere per sinistra, e infatti tentenno ed evito di dirlo. Sicuramente però non è di sinistra il linciaggio che lo ha visto bersaglio. C’entrerà, tutto questo, qualcosa col fatto che Renzi governa e vince mentre Vendola, Fassina e Civati fanno ridere? Io credo che qualcosa c’entri. Ma non so cosa. Chiederò a Muccino.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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