Nessun dorma, nessun dorma nella fredda stanza. E infatti sono qui che scrivo nel cuore della notte stellata. Ad un certo punto la rappresentazione cagliaritana della Turandot, l’opera che ha ucciso l’opera con la sua bellezza, perché nulla è più stato come prima, si interrompe dove l’aveva lasciata incompiuta il maestro, Giacomo Puccini. Una scelta che ci riporta indietro alla prima storica rappresentazione del 1926, quando Toscanini decise di non eseguire il finale posticcio di Alfano. Senza il finale di Alfano, muore quell’idea di una logica circolare, di un legame coerente dove l’amore viene liberato dal sacrificio della piccola schiava per redimere i personaggi, la perfida e lo sconsiderato, per farli amare nell’eternità. Puccini c’era morto sul quel finale, come avevo già raccontato, e anche Alfano se l’era vista brutta. La suggestiva e originale scenografia di Pinuccio Sciola si trasfigura, la pietra sbozzata dell’antichità sembra infine inseguire il cielo stellato con una selva di figure che paiono i grattacieli della moderna Pechino. Liù scompare sotto terra insieme al suo vecchio, la cui cecità non ha offuscato la saggezza. E insieme a Lei, per noi che assistiamo al dono, dopo quasi un secolo, di una così potente tempesta emozionale di cieli in volo e di abissi sul ciglio del dirupo, anche il nostro tempo si ferma. Perché oggi è un momento in cui la storia sembra aver rimesso le lancette dell’orologio indietro, il tic tac si è ammutolito, e quella tensione finale verso il compiuto amore della specie si è trasformato in pensieri bui e tempestosi. Quel finale, senza il lieto fine amorevole, sembra più congruo e coerente con i tempi nostri, viene oggi sentito come illusorio e per nulla inconsistente. Ora guardo fuori dalla finestra. E’ l’alba. Il pazzo sconsiderato urla amore al cuore della terra, mentre la crudele regina del gelo e delle tenebre, con una mano sparge le illusioni del giorno, con l’altra arrota i ferri della tortura e della notte che forse, si spera, non tornerà.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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