Per nostra fortuna, parafrasando Ennio Flaiano, in Italia la situazione è grave, ma non seria. Ne ho avuto sospetto qualche tempo fa quando, indagando l’indigesta retorica che accomuna il richiedente asilo al criminale, mi chiedevo quanti chili di negri occorressero per fare un bianco; ne ho avuto conferma in questi giorni, con un episodio che brilla più per comicità che per pregiudizio razziale. Per discrezione, e per non tradire il rigore deontologico dovuto alla mia inusitata escursione nelle lande di Sardegnablogger, tacerò il luogo del misfatto e con esso ogni riferimento a un episodio di criminalità ordinaria accaduto a SANTA TERESA, dove un ladro si è introdotto all’interno di un’abitazione mentre gli occupanti dormivano. Traendo spunto dall’arresto di un delinquente che da tempo imperversava in gallura, e stimolato dalle considerazioni del curatore di questo Blog – il Direttore Totale Dott. Ing. Gran Mascalzon. Di Gran Croc. Visconte Giorgioni -, a sua volta abile a raccogliere la delusione di chi – scontrandosi con la cronaca – ha dovuto prendere atto che il criminale non solo non apparteneva ad alcuna delle etnie sospettate dalla popolazione residente, ma era un italiano; traendo spunto da quell’episodio, dicevo, ho ricamato la narrazione con alcuni spunti di riflessione. Ma perché, nella sua portata comica, il caso di Santa Teresa è emblematico? Lo è perché illustra quanto il pregiudizio abbia sconfinato il perimetro della lucidità, negando finanche le più elementari informazioni antropologiche. Infatti quando il miagolio del gatto ha svegliato il proprietario, questi, scorgendo l’intruso, ha urlato e messo in fuga il ladro, che ha poi rincorso urlandogli: «Negro di merda, se ti prendo ti faccio diventare bianco». Minaccia rivelatasi tanto persuasiva da aver alterato le connotazioni somatiche del criminale, che infatti era bianco; più del suo inseguitore. Eppure gli indizi deponevano a favore di quell’estrazione etnica, da continente nero: alto come un tappeto, non molto grosso e, arrori du tiridi, attrezzato come un sardo, avrebbe detto la concupiscente Mariana del marocchino di Benito Urgu. Era un bianco, uno sporco bianco, uno di quei bianchi che se li prendi poi li fai neri. Uno di quei bianchi ai quali il negro o il rom fanno comodo perché gli garantiscono una franchigia morale, un balsamo per i rischi connaturati all’attività delinquenziale. Un po’ come quelli che scorreggiano e danno la colpa al cane. Atteggiamento che tuttavia degenera in pericolosità sociale quando a strumentalizzarlo è la politica per produrre consenso. Il luogo comune che assurge a precetto biblico inaridisce i sentimenti, crea distanza tra le persone e distribuisce i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Noi con Salvini, You soli. Ma per fortuna, dicevamo, in Italia la situazione è grave, ma non seria. Ogni riferimento a persone o cose non è puramente casuale. Anzi!
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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