E’ partito senza produrre troppo rumore. Come era suo solito, come era il suo stile. Claudio Olinto de Carvalho, detto Nenè è morto stamattina a Capoterra, in una clinica dove da tempo era ricoverato. Un giocatore brasiliano che, dopo aver militato nella magica Juventus di Sivori, approdò in questa strana terra dove riuscì a sconfiggere quella terribile malattia che accompagna, a volte, i brasiliani che abbandonano la propria terra: la saudade. Forse perché finì in un luogo molto simile, con persone sempre attaccate alle proprie origini. Nenè era un centrocampista, un mediano di spinta, uno stopper, una mezz’ala. Era tutte queste cose messe insieme. Un puntino nero che nel 1970 spiccava in un campo di calcio dove non era iniziata l’era della globalizzazione e gli stranieri erano molto pochi. Nenè era un giocatore silenzioso e forte, è stato uno dei cavalieri che riuscirono nell’impresa: quella di vincere uno scudetto con una squadra favolosa e irripetibile dove lui era comunque il perno. Nenè era una figurina Panini, leggendaria e ricercatissima, insieme a quella di William Vecchi, portiere del Milan, ai miei tempi entrambi introvabili. Valeva quasi cento figurine Nenè. Come e più di Gigi Riva. Non è diventato un allenatore famoso anche se vinse alcuni campionati primavera con la Fiorentina. E’ stato, dopo il ritiro dall’attività, ai margini di un calcio che forse non capiva, forse troppo tecnico, troppo complesso, senza una vera poesia. Nenè ha giocato con Pelè, Sormani, Boniperti ma, soprattutto, è stato la freccia sarda, l’uomo della fascia, quel puntino nero dolcissimo che riusciva ad arrivare vicino all’area avversaria con leggerezza e maestria. Poi, in quel Cagliari, c’era Gigi Riva a trovare la soluzione. Altri tempi, certo. Nenè ci ha lasciato ma non ha mai abbandonato la nostra terra. Ci ha insegnato quanto può essere incredibile il gioco del pallone e ci ha suggerito che si può superare la saudade, quella malinconia dolce e intermittente, quella crisi che pervade tutti quando si lascia il proprio paese, le proprie origini. Ci ha insegnato che c’era un contatto tra due terre: il Brasile e la Sardegna. Forse il silenzio, forse la forza di provarci, forse la bellezza dell’impresa. Quando tutto pareva impossibile si dava la palla a Nenè e noi, ragazzini acerbi, con lui a correre sulla fascia. E a sognare.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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