Mi ricordo tutto dei giorni in cui nacque lo scoop di Antonello Zappadu, perché Antonello lavorava con me nella redazione olbiese di Epolis.
Antivigilia di Pasqua del 2007. Vado a salutare il direttore dell’aviazione generale all’aeroporto Costa Smeralda, prima di arrivarci trovo una colonna di auto blu con lampeggiante. Sono ferme, il muso indirizzato verso l’uscita dello scalo. In piedi, un amico carabiniere mi strizza l’occhio e mi sussurra: “È arrivato il presidente”. Torno in redazione e lo dico ad Antonello, che aveva la sua stanza dal lato opposto dell’appartamento dove lavoravamo. Non era una gran notizia, Berlusconi a Porto Rotondo ci passava tutti i fine settimana. Però Antonello strinse gli occhi e commentò con queste parole: “Buono a sapersi”.
“Antonello, dove sei?” “Non posso dirtelo. Mi faccio sentire io”.
Da giorni non si faceva vedere in redazione. Ma non ero preoccupato perché ogni tanto mi degnava di una brevissima telefonata con frasi smozzicate, restando molto sul vago sul dove fosse e su cosa facesse.
Passò una settimana prima del suo rientro. Ero davanti alla filiale di una banca di Olbia che un commando di banditi aveva infilzato mandando in frantumi una vetrina con un furgoncino. “Vieni al giornale”. E sullo schermo Apple mi mostrò le foto poi finite nel reportage di Oggi, alcune delle quali (forse le più imbarazzanti) mai pubblicate.
Si era accampato per giorni, poi aveva negoziato il suo scoop: questo aveva fatto in quei giorni di assenza. L’ufficio stampa di Berlusconi sostenne che, in quel fine settimana, era in corso un incontro del movimento giovanile di Forza Italia.
A quelle foto se ne aggiunsero altre, scattate a villa Certosa durante i famosi vertici internazionali. Antonello Zappadu aveva catturato un pezzo di storia italiana, molto prima del caso Ruby. Aveva mostrato al mondo quel che si nascondeva sotto certe anonime formule dei comunicati ufficiali; aveva documentato un tempo libero del potere che, forse, era la vera politica di quel potere, molto più dei riti consumati stancamente nei palazzi istituzionali. Scene da basso impero, una democrazia da Teatro Bagaglino messa in scena nella casa di vacanze formalmente trasformata in residenza di Stato. Al Tg4 Emilio Fede storpiava il nome di Zappadu – capita, a volte, che chi incarna il ridicolo cerchi il ridicolo negli altri – e i giornali del capo iniziavano il pestaggio mediatico di Antonello inventando fandonie. Come sempre.
Zappadu si è salvato per effetto della prescrizione e la causa promossa da Berlusconi nei suoi confronti è finita nel nulla. In molti, in Italia, già gridano allo scandalo, considerando indegna l’assoluzione per tempo scaduto di quel pericoloso criminale. Altri considerano inaccettabile la violazione della privacy, però tacciono sull’indelebile registrazione del nostro tempo impressa in quelle immagini. Chissà se vi è mai venuto in mente che alle vostre figlie laurea e master non sono bastati per arrivare, mentre ad altre figlie è bastato un giro sulle ginocchia di uno statista.
Antonello ora vive dall’altro capo del mondo. Anche se è lontano dall’Italia, dovremmo ringraziarlo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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