Mio figlio ha ricevuto il battesimo, la comunione, la cresima e ha frequentato regolarmente il catechismo.
Io non sono credente, ma l’ho lasciato libero di scegliere. Ho considerato che mio figlio non è una mia proprietà e che il desiderio espresso da altri familiari affinché ricevesse i sacramenti andasse rispettato.
Ciascuno, nel suo ambito privato, deve avere la libertà di scegliere secondo coscienza. Si può scegliere di professare una religione, di sposare un’ideologia o di aderire ad un partito politico. Ma la scuola è un luogo istituzionale, l’emanazione di uno Stato per definizione costituzionale laico. Allo Stato, alla scuola, si chiedono terzietà ed equidistanza. Non devono imporre alcun dogma, devono sviluppare la consapevolezza della scelta e la capacità di discernere il vero dal falso. Perciò, se vedessi la scuola trasformata in una parrocchia, in una moschea o in una sinagoga, io mi ribellerei. Appellandomi, semplicemente, alla suddetta Costituzione. La scuola non può essere luogo di propaganda, politica o religiosa, che ciascuno è tuttavia libero di svolgere nelle sedi apposite. La polemica su presepi e crocifissi, se la si analizza fino in fondo, ha dei risvolti surreali ed altri, a mio avviso, di natura banalmente economica. L’altro giorno, una mia conoscente inviperita col preside di Rozzano ha osservato che “se vuole essere laico, lo sia a casa sua”. Vi rendete conto? Siamo al sovvertimento delle più elementari regole di convivenza, perché è vero l’esatto contrario: tutto questo è la conseguenza di una Chiesa esuberante, abituata ad occupare ogni spazio comune. Ma l’aspetto surreale è che a condurre la battaglia sul presepe sia uno come Salvini. Il che è molto significativo, se si considera che a stracciarsi le vesti per vedere crocifisso e presepe a scuola sono spesso persone molto lontane dall’insegnamento cristiano (non tutte, per carità: c’è gente che questa battaglia la interpreta genuinamente, sposando nella vita di tutti i giorni l’esempio di Cristo). Ecco, in questa declinazione il cristianesimo si riduce a simboli privi di contenuto e viene declassato: da elemento di unione a barriera per respingere il nemico, di qualunque altra provenienza e religione esso sia. Il cristianesimo, nelle mani di questa gente, diventa strumento di bassa propaganda nazionalista. Bisognerebbe poi chiedersi come mai sia stato sollevato tanto clamore mediatico sui canti di Natale nella scuola di un sobborgo milanese, un clamore del tutto ingiustificato se si considerano i fatti e le manifestazioni di genitori a sostegno del preside sotto accusa. Vedete, il Natale è per tanta gente (io tra questi) la festa più bella dell’anno, carica di fascino e di rinnovate armonie familiari. Per altri, più precisamente coloro che decidono realmente i destini del mondo, il Natale è soltanto un business, il trionfo del consumismo. Natale sono i panettoni esposti sugli scaffali dei supermercati già da ottobre, Natale è il martellamento degli spot pubblicitari prodighi di suggerimenti per i regali. Natale, secondo alcune stime, significa un giro d’affari di circa 12 miliardi di euro, soltanto in Italia. Ecco, forse la polemica sui canti di Natale nella scuola di Rozzano serve a ricordare che siamo in ritardo con i regali.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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