Chissà se il paradiso ha gli occhi di Mariangela Melato, le parole di Fabrizio De André e le risate di Massimo Troisi. Chissà, soprattuto, se mancava qualcosa. Probabilmente è così. Non che mancasse la musica. Figuriamoci. hanno più note da quelle parti che noi qui, sulla terra. Tra l’altro hanno anche alcuni grandi, forse grandissimi, che la musica la sapevano costruire. Pensate a Verdi,Rossini, Mozart. Giusto per citarne alcuni. Ma il pentagramma della vita è diverso da quello dell’eternità e le note, probabilmente non bastano. C’è sempre bisogno di qualcuno. Ecco perchè si è deciso che Pino Daniele dovesse salire su un altro palcoscenico e provare a cantare e suonare per un universo più ampio. Io, a Pino Daniele, l’ho amato immensamente. Forse troppo. Decisamente troppo. Perchè lui amava il mare. E il rumore del mare. E quindi, per me, lui, con le sue musiche e le sue parole, era un pezzo della mia vita. Poi, a dire il vero, lo amavo per un’altra ragione. Napoli è un pezzo del mio pentagramma personale, una fermata delle mie varie stazioni. Non dico che ci ho vissuto, ma ci sono stato e quella bellissima e contraddittoria città l’ho respirata intensamente con i miei occhi e con quelli di Giovanni e Franca. Già. Era il 1978. L’anno in cui sequestravano Aldo Moro. Io avevo 19 anni e Pino Daniele, insieme alla sua Napoli, cominciò a entrare dentro la mia vita. E mi ha accompagnato nelle enormi curve della memoria. Grazie a lui ho conosciuto Napoli. I mille colori e le mille contraddizioni, l’appocundria, il rumore del mare molto simile al mio, il cuore e la ragione, il blues e la follia. Pino Daniele era l’icona di un luogo incredibile, di una contraddizione indicibile. Era Napoli. Nel bene e nel male. Chissà perchè le strade si sono poi incrociate con quello che rappresenta, per me, il più grande attore della commedia napoletana: Massimo Troisi. Il destino questo aveva deciso e al destino non bisogna andargli contro. Come non si può discutere con il cuore. Quel cuore che pompa e regala vita o decide, irrimediabilmente, di bloccarla. Come per Massimo, come per Pino. Chissà se il paradiso ha un luogo per rivedere i film, le canzoni, per rimontare le parole e le sensazioni. Credo di si. Pino Daniele non può stare seduto, neppure tra le prime file di questo fantasmagorico teatro. Lui, irrimediabilmente, deve stare sul palco. Perchè sa suonare e lo farà per sempre. Questo spettacolo, da queste parti non c’è, però ne sentiamo il rumore lontano. Continua a suonare Pino, ti prego, fallo per tutti noi che sulla terra continuiamo ad ascoltare. Con molta attenzione.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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