Mia zia viveva, con la sua famiglia a Napoli e per Natale, Pasqua e le vacanze estive rientrava in Sardegna. A volte con il marito e i figli, a volte anche da sola per trovare i suoi ormai anziani genitori. Quando rientrava senza la famiglia lo faceva con la nave e il treno, perché non ha mai conseguito la patente. A Napoli, alla stazione centrale chiedeva un biglietto per Ploaghe e la cosa diventava a volte comica in quanto l’addetto all’emissione dei biglietti perdeva molto tempo alla ricerca di questa stazione che, evidentemente, non sapeva neppure dove fosse. “In Sardegna”, rispondeva mia zia, convintissima che la Sardegna fosse un’entità conosciuta e che Ploaghe fosse un luogo rinomato. Mio zio continuava a ripeterle: “Ma perché non fai il biglietto per Sassari? Perdiamo meno tempo a discutere e ci perdi cento lire”. “Io devo scendere a Ploaghe” “rispondeva mia zia “mica quelli che vanno a Volturno acquistano il biglietto per Napoli Centrale”. Non faceva una grinza come ragionamento e alla fine riusciva a spuntarla. Il suo “Napoli-Ploaghe” esclusa tratta navale, se lo portava a casa. Racconto questa piccola storia perché leggo, sulla Nuova Sardegna di oggi che è stata chiusa, dopo 138 anni di vita, la stazione di Giave. Problema di costi e di numeri. Vi erano, in media, negli ultimi anni, sette viaggiatori tra arrivi e partenze. Non si poteva perdere tempo nel fermare un treno già non velocissimo di suo. Certo. In questo mondo elettrico e veloce la stazione di Giave non ha molto senso, come non lo ha il negozietto sotto casa. In fondo a noi servono velocità e grandezza: i popolosi centri commerciali dove puoi essere in nessun luogo, ci permettono di acquistare tutto e subito. A Giave, dunque, il treno non si ferma più. Probabilmente salterà anche qualche altra stazione dove, magari , c’è solo qualche sparuto studente che prende il treno per studiare. Si acquistasse l’auto e se minorenne, si facesse accompagnare dai genitori. Ho letto qualche mese fa la stessa notizia. Riguardava una piccola stazione dove ogni giorno saliva una ragazzina per andare a studiare. Era l’unica ragazzina del paese. Un paese evidentemente minuscolo e simile a quelli che si svuotano anche in Sardegna. In quel caso, la ragazzina ha vinto: il treno continuerà a fermarsi per far salire e scendere una persona che si reca a studiare in città. Quel paese è molto più elettrico e veloce di noi, anzi è la velocità per antonomasia: è accaduto in Giappone. Mi dispiace che ad un’ipotetica nostra zia in continente, quando andrà a chiedere un biglietto per Giave, qualcuno le risponderà: “la stazione è chiusa”. Ha vinto la velocità, ma a morire non è solo la lentezza. Con la chiusura sparisce anche la poesia e l’amore per le piccole cose. Il buon Nanni Moretti avrebbe laconicamente aggiunto: “Continuamo a farci del male”.
pubblicato il 6 marzo 2016
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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