Mucchio d’ossa è il titolo di un celebre romanzo di Stephen King che nulla ha a che vedere con la magrezza, eppure è stata la prima cosa che mi è venuta in mente quando ho visto la foto di quella povera bestiola. Non è un più cane, un tempo lo è stato. Ora è un cumulo di ossa con cui, se fossero esposte, si potrebbe giocare a Shanghai. C’è un lieve strato di pelle che le ricopre, ma sono lì in vetrina, talmente visibili che è facile contarle.
Non avevamo ancora finito di esultare per la guarigione di Palla (simil pitbull salvato dai veterinari della Clinica Duemari di Oristano ndr.) che arriva lui a tenerci incollati al monitor col fiato sospeso. E’ l’ultimo rottame per il quale si chiede un miracolo ai veterinari della Clinica oristanese. L’hanno chiamato affettuosamente Mauro Saccodiossa e le sue condizioni erano molto più che disperate.
Abbandonato in una scatola di cartone, legato a un paracarro, ha stazionato lì dentro per giorni, senza mangiare né bere, incapace di procurarsi del cibo. Perché il bastardo non è solo l’essere disumano che l’ha abbandonato, condannandolo a morte certa con quel cappio al collo, ma anche tutti i proprietari degli occhi che su quella scatola di cartone si sono posati per un attimo, passando oltre in silenzio. Mauro è rimasto lì per giorni, in attesa di mani che porgessero cibo, carezze e aiuto. Mani che non sono arrivate, fino al recupero di quello scheletro.
Sono stati tre giorni di passione, i primi trascorsi dopo il ricovero. Ore di ansia, di analisi impazzite lette col fiato sospeso, di alimentazione sottocutanea con flebo, di terapie somministrate senza sosta, di coperte riscaldate per sollevargli la temperatura. E quel mucchio d’ossa, adagiato senza forze, sembrava camminare stancamente verso la morte. Appariva davvero troppo stremato per fare il funambolo tra questa vita e quell’altra e, consapevole dell’affetto e delle cure che lo circondavano, sembrava ormai pronto a lasciarsi andare. Poi, inaspettatamente, dopo lunghi giorni e interminabili notti, ha sollevato la testa e si è guardato intorno con due occhi finalmente presenti. Occhi tornati a fatica dal buio. E tutti quei volti, incollati ai monitor, che seguivano preoccupati la vicenda, incluso il mio, hanno tirato un sospiro di sollievo.
Eppure c’è chi storce il naso ed esorta ad assistere gli uomini, anziché gli animali. Insomma, che vuoi? in fondo è solo un cane. Ignorando, forse, che le due cose non si escludono a vicenda e ci si può prodigare per entrambi. E invece, spesso, dietro quei j’accuse si cela il monito ipocrita di chi non aiuta proprio. Né gli uni, né gli altri.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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