Ricordo di aver scritto, sette anni fa, un lungo reportage per un quotidiano sulle condizioni di viaggio di chi sceglieva il treno per spostarsi da Cagliari a Olbia. Era il racconto di un calvario avvenuto agli inizi dell’estate, su vagoni vecchi e maleodoranti, privi di aria condizionata, coi finestrini spalancati e un frastuono assordante, sovraffollati oltre ogni misura in alcuni tratti del percorso. La conferma di quanto fossimo terzo mondo, di quanto in Sardegna non funzioni nulla.
Venerdì scorso, 29 giugno 2018, sono salito su una carrozza della Rer, la rete ferroviaria di Parigi, per spostarmi da Versailles alla fermata di Champ de Mars, al centro della capitale francese. Una mezz’oretta di viaggio, forse qualcosa di più. Faceva molto caldo, quel pomeriggio. Mi sono mosso con un certo anticipo per trovare posto a sedere, prevedendo il massiccio afflusso sul treno dei turisti in visita alla Reggia. Ho notato che da una parte i posti erano tutti occupati, mentre dall’altra c’erano molti sedili vuoti. Dopo qualche minuto ad aspettare che il treno partisse, ho capito il perché di questa asimmetria: i finestrini di un lato erano spalancati, quelli dell’altro serrati e non potevano essere aperti. Pochi minuti e la temperatura a bordo si è fatta insopportabile. “Accenderanno di certo l’aria condizionata non appena saremmo partiti”, mi sono detto, certo che in quelle condizioni non si potesse viaggiare. E invece no, l’aria condizionata non era prevista. Ad ognuna delle poche fermate, il treno si riempiva sempre di più, tanto che buona parte dei passeggeri hanno viaggiato in piedi, pressati come sardine dentro la carrozza. Un carro di bestiame, più che un trasporto di esseri umani. E probabilmente per chi gestisce quella tratta della Rer bestiame eravamo, una milionesima parte dell’impressionante numero di turisti che ogni giorno vanno a vedere la Reggia, uno dei luoghi simbolo della Rivoluzione francese. Sono sceso dal treno stordito, fradicio di sudore. Mentre correvo verso la macchinetta H24 che distribuisce le bibite, mi è tornato in mente con un certo rimpianto quel viaggio di sette anni fa tra Cagliari e Olbia. Non è che il mal comune sia una consolazione, ma più viaggio e più penso che ogni mondo sia paese, ovunque con le sue eccellenze e ovunque con le sue miserie.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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