“Il pallone è stato il mio grande amico. A scuola non andavo con la cartella, ma con il pallone sotto il braccio. Dormivo in sua compagnia. E’ stato il compagno di viaggio, che non mi ha mai tradito”. Questa era una frase che Emiliano Mondonico ripeteva spesso e mi viene in mente proprio oggi che è morto all’età 71 anni appena compiuti. E’ andato via combattendo quel mostro che lo ha divorato e che lui chiamava “animale bastardo”. Ci sono molte storie intorno al pallone, allo sport in generale che disegnano la metafora della vita. Per noi il calcio rappresenta non soltanto e semplicemente un gioco, ma anche un miscuglio di altre cose: la lealtà, la passione, il rispetto per gli altri, l’amicizia e l’amore. Questo era Emiliano Mondonico, uno che non ha mai vinto uno scudetto perché da giocatore ha cavalcato i campi della Cremonese, del Torino, del Monza e dell’Atalanta e che da allenatore è ripassato sugli stessi campi aggiungendo anche il Napoli e la Fiorentina e concludendo nel 2012 con il Novara, quando l’animale lo stava ormai divorando. Boskov, altro grande e immenso allenatore direbbe di Emiliano Mondonico che “allenatore più grande è quello che fa grande risultato con piccola squadra” ed Emiliano, che amava guardare i film dalla parte degli indiani, è stato un grande, grandissimo allenatore amato dai tifosi e dai giocatori. E’ poi entrato nella leggenda per colpa di una sedia. Era il 1993 e con il Torino erano era riuscito a raggiungere la finale della coppa Uefa. Nella partita di ritorno giocata ad Amsterdam con l’Ajax lui, il piccolo grande allenatore, protestò con l’arbitro alzando una sedia al cielo. Sarà squalificato per una giornata, ma quell’episodio rappresenterà un punto di partenza e di arrivo di un uomo votato alla mitezza e dotato di una correttezza che oggi, nel mondo di oggi, nel calcio di oggi non esiste più. Ecco, è proprio questo il punto. Il calcio o, più in generale lo sport, è diventato cosa altra, è diventato cinico, è divenuto un modo come un altro per raggiungere l’obiettivo senza rispettare le regole, senza dover faticare troppo, senza amare per piccole cose. Mondonico è quella sedia alzata contro il cielo, quel sorriso dolce e piccolo, è quella forza seria e determinata di lottare contro il cancro: quel bastardo animale. Mondonico è un bel bicchiere di acqua fresca in un deserto dove sono stati avvelenati i pozzi. Alzare la sedia verso il cielo è guardare per un attimo la luna e non il dito e sentirsi forti, immortali quasi; è sentirsi piccoli e sereni. Come Emiliano Mondonico, allenatore di una vita che ha camminato lenta, quasi leggera e che ha osservato il gioco del calcio come una scuola di vita: un gioco che non lo ha mai tradito.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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